«Non sono io la ladra di Giussano» dice al giudice: lui non le crede, ma la assolve

A Monza processo contro una presunta ladra sorpresa due anni fa al Carrefour di Giussano. La donna in aula assicura di non essere lei. Il giudice non le crede, ma non può che assolverla.
Il Carrefour di Giussano
Il Carrefour di Giussano Bartesaghi Stefano

È lei? Non è lei? Alla fine il giudice ha optato per la prima ipotesi ma ha comunque assolto F.I. una 53enne di Mariano Comense, incensurata, a processo con un’accusa di furto.Un episodio accaduto l’anno scorso, il 15 marzo, quando una donna fu fermata al Carrefour di Giussano dopo aver tentato di rubare due articoli da profumeria da 44 euro. Già, ma quale donna? La signora F.I. seduta al banco degli imputati? Oppure un’altra, che ha utilizzato la sua carta d’identità?

Sì perché l’imputata ha presentato ai carabinieri di Mariano una denuncia di furto del suo documento, rubatole a suo dire dall’auto posteggiata sotto casa. Per la prima parte dell’udienza, forse consigliata dal suo legale, F.I. è rimasta fuori dall’aula. Invisibile a due testimoni convocati dal pm, una operatrice della sicurezza del centro commerciale e un brigadiere dei carabinieri della stazione di Giussano. È trascorso un anno e mezzo dall’episodio e entrambi hanno i ricordi un po’ offuscati. La prima perché di professione da 15 anni fa “l’osservatrice” per conto di un’azienda di sorveglianza e ogni giorno è alle prese con ladruncoli che arraffano merce dagli scaffali.

Dell’episodio ricorda tutti i particolari: la donna che prende un paio di fuseaux blu e bianchi (che pagherà regolarmente) e poi si dirige nel reparto profumeria dove afferra due prodotti, li toglie dalle confezioni e se li mette in tasca. «A quel punto – dice al giudice – come da prassi ho avvisato il vigilante oltre la barriera casse e la ladra è stata fermata e invitata ad andare in un ufficio in attesa dell’arrivo dei carabinieri». Ma che aspetto aveva? Chiedono il giudice e il pm. «Non riesco a descriverla – risponde – Era giovane, sui trent’anni, ma magari li portava bene e forse straniera».

Non è di grande aiuto da questo punto di vista neppure il carabiniere: di lei dice di avere una copia della carta d’identità ma quanto al suo aspetto non lo ricorda affatto. A quel punto i due testimoni si allontanano ed entra F.I.. Dice che quel 15 marzo al Carrefour non c’è mai stata. E che quella carta d’identità è la sua ma che le era stata rubata. Un racconto credibile se non fosse che la denuncia è stata presentata qualche giorno dopo il furto al Carrefour. E poi il documento è magicamente ricomparso: «Qualcuno me l’ha infilato nella cassetta della posta». Il suo avvocato mette le mani avanti: «Anch’io all’inizio ho avuto qualche perplessità ma il fatto che la teste abbia detto che era giovane quando in realtà la mia cliente ha più di cinquant’anni depone a suo favore».

Non è così invece per la firma che la donna fermata al Carrefour ha apposto in calce al verbale di identificazione dopo il furto, nella stazione dei carabinieri: è infatti «molto simile» per non dire uguale, a quella che compare sulla carta d’identità. Insomma: o quella firma l’ha scritta F.I. e quindi è la ladra, oppure chi si è appropriato del suo documento l’ha saputa imitare alla perfezione. Il difensore chiede una perizia grafologica ma sia il pm che il giudice si oppongono. L’accusa crede che F.I. sia colpevole e chiede per lei 3 mesi di reclusione e 300 euro di multa. Il giudice Francesca Bianchetti si ritira in camera di consiglio e ne esce poco dopo con la sentenza di assoluzione: «per la particolare tenuità del fatto»