Monza, la mamma fa arrestare il figlio: in tribunale si abbracciano e arriva la proposta di aiuto

Prepotenze e angherie fino alla denuncia dopo una aggressione. È una storia di sofferenza quella che in un’aula del tribunale di Monza vede di fr onte una mamma e il figlio che ha fatto arrestare. Ma durante il processo i due si abbracciano: «Ti darò una mano».
Un’aula del tribunale di Monza
Un’aula del tribunale di Monza

La mamma l’ha fatto arrestare ma lui la vuole abbracciare. Poi c’è un fratello “fuggito” al sud: «che mai verrà qui a testimoniare». Una sorella morta in circostanze tragiche e un padre che è meglio dimenticare. Sono tutti un po’ vittime i protagonisti di un processo in corso a Monza.
Un’escalation di violenza lunga trent’anni per una monzese 52enne che esasperata è stata costretta a denunciare il figlio 34enne, Cristian C., ora in carcere.

«Finora, prima con il mio ex marito e poi con mio figlio sono stata zitta, ora basta» dice la donna al giudice. Tra madre e figlio, lui dietro alle sbarre, guardato a vista dagli agenti penitenziari, il dialogo è continuo. Lui borbotta e risponde quando la madre racconta della vita d’inferno che lui ha fatto fare a lei e all’altro figlio, 25enne.
«Da una casa siamo dovuti fuggire», racconta la donna tra le lacrime. «Lui – dice riferendosi al figlio-imputato – non ci lasciava vivere, faceva il prepotente, insultava di continuo il fratello minore costretto a vivere perennemente in camera per non vederlo. Stava tutto il giorno sul divano e non ci faceva fare nulla, ogni cosa gli dava fastidio, addirittura che cucinassi. Buttava le pietanze a terra, ha persino sputato in una pentola. E se non si faceva come voleva lui erano insulti e anche altro».

La mamma, che fa le pulizie e ha subito gravi problemi di salute, porta sul viso tutti i segni di una vita difficile. Ma mantiene tutta la famiglia: «mio figlio minore ha perso il lavoro». L’altro, l’imputato, è già stato in carcere e non ha un’occupazione. «Ma quando tornavo a casa alla sera, stanca, erano solo insulti».

E i litigi, anche violenti, negli anni non sono mancati: «Una volta mi ha lanciato in faccia il sacchetto della spesa». Racconta anche che quando andava al lavoro era terrorizzata per quello che poteva accadere a casa, tra i due fratelli. «Una volta in via Marsala si sono presi a bastonate» ricorda, poi nell’estate dell’anno scorso era apparso un coltello.
«Ero tornata a casa di corsa dal lavoro e nel tragitto avevo chiamato la polizia – dice – Al mio arrivo c’erano già gli agenti in casa e sangue dappertutto e poi mobili e oggetti per terra, un disastro».

L’epilogo, con la denuncia, a maggio di quest’anno: mamma e imputato litigano e il figlio più piccolo interviene per dividerli. Alla fine lui e la madre finiscono entrambi a terra. Ma quel figlio che ha denunciato dice che l’ha anche difesa: «quando il mio ex marito dopo le botte tentò di usarmi violenza». La mamma è sempre la mamma e un figlio è sempre un figlio: «Signor giudice, non voglio che stia in carcere ma noi non andiamo d’accordo; deve trovarsi una casa lontano da me e un lavoro. In quel caso per quello che posso potrei anche aiutarlo».

È anche il giudice che si trasforma in assistente sociale e invita l’imputato a cambiare vita rinviando una eventuale decisione al 17 novembre prima del termine della carcerazione, a dicembre.