La prima cosa che si vede è la tavolozza dei colori: sanno di terra, come se fossero tutte pale d’altare, come se fosse legno, sotto sotto, a fare da fondale al racconto. Poi la pulizia del tratto, quindi quelle lance e le alabarde che tracciano diagonali addosso alle prospettive: Paolo Uccello, certo, e Piero della Francesca.
È quello il Rinascimento che ha in mente Salvatore Fiume quando nel 1951 Gio Ponti gli commissiona un enorme dipinto per la nave Andrea Doria: da cinque anni aveva lasciato l’Olivetti dove si era affrancato dalla periferica Sicilia degli anni del boom e della rinascita italiana.Tre metri di altezza, quasi cinquanta di lunghezza: Fiume dipinge lì la sua città ideale ripercorrendo i sui maestri rinascimentali, quelli del Quattrocento, finché l’oceano non l’ha inghiottita nel 1956 insieme al transatlantico. Ma quell’opera era un punto di arrivo: quello del decennio 1940-1950, da una parte l’Italia che affonda con il fascismo e poi i suoi tentativi di riscatto nella repubblica: sono quelle le opere che compongono ”Salvatore Fiume – L’Italia dei miti” che da giovedì 10 dicembre, occupa gli spazi del Serrone della Villa reale.
È la stagione delle grandi opere: a Monza arrivano undici dipinti e quattro disegni in un progetto curato da Elena Pontiggia e voluto dalla Fondazione intitolata al pittore nato un secolo fa: era nato a Comiso il 23 ottobre del 1915, Fiume, sarebbe poi morto il 3 giugno del 1997, a Milano.
Da una parte dieci tele commissionate all’artista da Bruno Buitoni nel 1949, quando era presidente della Perugina: sono le “ Avventure, Sventure e Glorie nella storia dell’Umbria”, con quattro bozzetti preparatori. “Nel 1988 le dieci opere furono donate dalla Finanziaria Buitoni alla Regione Umbria che le ospita permanentemente nella Sala Fiume di Palazzo Donini a Perugia e giungeranno a Monza grazie alla concessione della Regione Umbria”, raccontano gli organizzatori, cioè la Regione, il Consorzio Villa reale e la Fondazione Fiume. Dall’altra parte una sola opera: il grande dipinto “Italia mitica” , quindici metri di lunghezza, tre di altezza, “prestito della famiglia Cassina, eseguito da Fiume nello stesso stile, su commissione dell’architetto Gio Ponti per il transatlantico Giulio Cesare, un anno prima (1950) che l’illustre architetto milanese gli affidasse la realizzazione della grande opera per il transatlantico Andrea Doria.
A parte la decina di opere che gli eredi dell’artista hanno donato alla Lombardia e che ora sono ospitate nello Spazio Fiume nel palazzo della Regione, le più significative mostre recenti sono state allestite comunque nel capoluogo lombardo: esattamente cinque anni fa allo Spazio Oberdan la mostra “Salvatore Fiume: un anticonformista del Novecento”, con un centinaio di opere, e nel “Le Identità di Salvatore Fiume, 50 Opere Anni ’40-’90” a Palazzo Pirelli, sempre a Milano. Un artista che guardava al passato, che sceglieva ostinatamente la figura mentre l’arte esplodeva nell’astrattismo ma che, secondo Luca Beatrice a proposito di opere di alcuni decenni dopo, nel catalogo della mostra del 2010, poteva essere letto altrimenti: “Fiume compie un deciso salto in avanti – scrive allora il critico delle opere degli anni Ottanta – . In pratica decide di “ospitare” all’interno delle sue tele le repliche di altri colleghi, padri putativi, punti di riferimento: se da una parte possiamo considerarli degli omaggi, convince di più l’idea che abbia voluto in qualche misura, e con ironia, autoconsacrarsi all’interno della storia dell’arte, di una propria idea di storia dell’arte appunto “tutta contemporanea”, che poi è ciò a cui tutti più o meno aspirano”.
Forse. E perché no. Ma negli anni Quaranta e non Ottanta l’Italia scavallava gli anni del fascismo, portandosi prima ben oltre il precipizio e studiando poi un modo per darsi un futuro: è là che andranno cercate le ragioni di Fiume mentre recupera il Rinascimento per raccontare il suo presente, in un artista che sente il bisogno – come tutti – di trovare nuovi antichi maestri nella storia di un paese che aveva voglia di ritrovare il meglio di sé. E allora sì: Paolo Uccello della Battaglia di San Romano, Piero della Francesca per i ritratti puliti, immobili, eterni, Masaccio e gli altri per le figure di santi e borghesi e cavalieri che riempiono lo spazio e dicono che da qualche parte si può ricominciare, come Braccio da Fortebraccio da Montone.
La mostra è promossa dalla Regione Lombardia, dal Consorzio Villa reale e parco di Monza e dalla Fondazione Salvatore Fiume (accompagnato dal catalogo del centenario edito da Skira)
Salvatore Fiume: L’Italia dei miti (le grandi opere 1940-1950)
Serrone della Villa reale, viale Brianza 2 – Monza
10 dicembre-24 gennaio
Da martedì a venerdì (12-18) e sabato e domenica (10-19)
Ingresso gratuito
Apertura solo su prenotazione e per visite guidate da martedì a venerdì dalle 10 alle 12. È possibile prenotare le visite guidate al numero telefonico 335.294628.