È stata una delle novità della mostra che, alla Villa reale di Monza, per un mese ha permesso di visitare gratuitamente La flagellazione di Cristo di Caravaggio. Anche alle persone non vedenti e ipovedenti grazie alla tecnologia 3D: la prima volta di un dipinto reso interamente in tre dimensioni grazie allo studio Monzamakers. Ecco com’è andata.
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I polpastrelli di Alfonso sfiorano la tavoletta che riproduce in resina e gesso “La flagellazione di Cristo” di Caravaggio.
«Ecco qui c’è Gesù al centro, sento la sua corona di spine – esclama – qui c’è il drappeggio, la colonna e i tre uomini intorno».
Ha aspettato 16 anni Alfonso, non vedente dalla nascita e studente di relazioni Internazionali al Martin Luther King di Muggiò, prima di poter percepire sotto le sue dita un capolavoro della pittura italiana. È arrivato in Villa reale accompagnato dalla mamma Emiliana e dal papà Raffaele Fusco.
Niente ascensore: «Meglio le scale – dice ridendo – così faccio un po’ di sport». Poi è stato accolto da Francesca, guida gentile e preparata che lo ha aiutato a ritrovare sulla riproduzione dell’opera tutti gli elementi della pittura caravaggesca.
Si appassiona subito alla vita del Merisi: «Probabilmente se non avesse passato quello che ha passato – è il suo commento arguto – non sarebbe arrivato a dipingere in questo modo».
«Con la scultura è diverso – racconta la mamma – Alfonso ha potuto toccare Amore e Psiche di Canova quando è stata esposta a Mantova, e lo stesso ha fatto a Torino con la riproduzione della Sindone, ma è la prima volta in assoluto che riesce ad avvicinarsi e tastare un dipinto, anche se in dimensioni ridotte. È bellissimo che grazie alle nuove tecnologie possa essere per lui tangibile quello che non può vedere».
A Monza tutto è stato reso possibile dalla società Monzamakers, specializzata in stampa 3D che ha creato una piccola riproduzione fedele in grado di rendere la profondità dell’opera, farne percepire ogni dettaglio, compreso il gioco di ombre.
«Ho fatto storia dell’arte solo alle medie, ero affascinato dagli Impressionisti, ma non posso sapere come sono i loro quadri. Sarebbe bello che questa tecnologia in 3D fosse maggiormente diffusa nei musei del mondo – conclude – e che nell’organizzare una mostra d’arte si pensasse anche a chi non potrà vederla con i propri occhi».