La carovana della Pechino-Parigi, nel tredicesimo giorno di gara, è a Novosibirsk, dove sabato osserverà il secondo giorno di riposo dopo un pesante e logorante percorso di 680 chilometri.
LEGGI Il diario di Roberto Chiodi dalla Pechino-Parigi 2016
Nel diario di bordo di Roberto Chiodi, di giovedì e mercoledì viene riportato che «la nostra famiglia (quella della scuderia del Portello) non ha più la tenda Quechua. È stata lasciata nell’accampamento mentre veniva smantellato, portando allo scoperto una vegetazione sterposa e tiranna.È stato un atto solenne di liberazione, condiviso da molti concorrenti. Soprattutto quando abbiamo scoperto che quelle bellissime tende gialle a punta che costeggiavano le nostre postazioni venivano affittate per pochi dollari complete di tutto e già montate senza il fastidio di dover portar con noi sacchi a pelo e cuscini. Dopo la locanda di ieri notte (21 giugno) , stasera (22 giugno) resort con laghetto balneabile incorporato, parco verdeggiante, giovani cameriere in divisa e volendo pure il karaoke. Degno completamento di una giornata tutto sommato tranquilla. Però: abbiamo fatto 585 chilometri ( da Altai Republic ad Aya in terra russa) e cinque prove speciali sullo sterrato” Poi Chiodi si domanda “ si può giudicare “tranquilla”?. I nove giorni trascorsi a percorrere la Mongolia, con i mille inconvenienti che sono accaduti: macchine rotte, cappottate, poca assistenza dai mezzi di supporto, hanno segnato molto la resistenza dei rallysti, tanto che Roberto Chiodi ha scritto: “ dopo le flagellazioni subite in Mongolia, qualsiasi impegno appare modesto. Domani (oggi per chi legge) per esempio ci attendono 680 chilometri e la dose quotidiana di sterrati da fare nel minor tempo possibile. Ma c’é ormai in ognuno la convinzione che nulla potrà essere così arduo se confrontato ai massacri mongoli patiti da uomini e mezzi. Pure stasera (ieri giovedì) niente classifiche, ma nessuno si dispera. Abbiamo visto paesaggi bellissimi, questa regione degli Altai sembra la copia (magari modesta, ma sempre copia) della Svizzera montana. Noi siamo stati attaccati da un’aquila e da miliardi di zanzare assetate di buon sangue europeo”. Lo stupore e la paura per tutti: “ un’aquila? É vero, un’aquila: ci ha puntato e si é buttata frontalmente in picchiata contro il muso della Giulia. Io ho frenato all’ultimo istante, il rapace é schizzato di colpo verso l’alto con – mi si perdoni il termine sportivo – uno scatto di reni alla Buffon. Forse l’ho solo sfiorata, forse l’ho colpita leggermente ad un’ala. Ben gli sta. Avviso alle altre aquile (reali, kazache o siberiane) che incontreremo lungo il tragitto: non mettetevi mai contro una Giulia in corsa. Ci rimettereste le penne!».