Il concertone Rai I dubbi e le domande

Poi succede che tutto a un tratto la scaletta si velocizza, Vinicio Capossela deve chiudere in fretta e furia dopo tre canzoni e di Cristiano de André si perdono le tracce. E di nove ore di concertone dei sindacati a Roma restano solo mille domande.
Primo Maggio: Max Gazzé e Niccolò Fabi a Roma
Primo Maggio: Max Gazzé e Niccolò Fabi a Roma

Poi succede che tutto a un tratto la scaletta si velocizza, Vinicio Capossela deve chiudere in fretta e furia dopo neanche tre canzoni e di Cristiano de André si perdono le tracce. Nero e sigla sul concertone da piazza San Giovanni e su Rai3 linea all’informazione. È mezzanotte più o meno, il Primo maggio è già in archivio e il concertone gratuito organizzato da Cgil, Cisl e Uil per il ventiquattresimo anno di fila nel giorno dedicato ai lavoratori ha avuto nove ore per rispettare la sua trama. Ma non sono bastate. Di De André si scoprirà su Twitter che è salito sul palco, a telecamere spente ma in diretta su Radio2. Geppi Cucciari non poteva dirlo prima dei saluti?

È solo una delle domande che ogni anno restano sospese, ogni anno una in più. Perché i conduttori sembrano sempre troppo piccoli per un palco (e una diretta) troppo grande? Perché in tv sembra sempre che si siano dimenticati il sound check? Perché non ricorrere a una sovrimpressione per gli artisti in scena? Perché la scaletta deve subire variazioni in corsa per tempi sempre troppo stretti? Perché un supergruppo di trenta elementi deve entrare tre volte ogni volta con un cambio palco e la nuova preparazione della strumentazione?

Poi c’è qualcuno destinato a saltare (De André, Afterhours nel 2012, ma già Litfiba nel ’97 e Pfm nel ’98), a essere interrotto per la pubblicità (in prima serata Caparezza l’anno scorso, quest’anno Gazzè ma anche Mimì Clementi) o ridimensionato (la brava Nazionale rock di Vittorio Cosma). Non fossero bastate la pioggia e la crisi.

E nell’anno dei controconcerti con ventimila persone a Taranto insieme a Fiorella Mannoia, Pierpaolo Capovilla, Elio Germano e Michele Riondino (“Sì al diritto, no ai ricatti” è stato lo slogan ispiratore), con i Modena City Ramblers in piazza a Bologna o con De Gregori a Capannori, il concertone di Roma finisce bersagliato dalle critiche in diretta su Twitter e in differita sui giornali. Non tanto per la musica (che tanto non potrà mai piacere a tutti), quanto per l’organizzazione e la resa finale.

Nonostante la forte presenza in piazza, il milione e tanti spettatori (comunque) davanti alla televisione, le esibizioni di livello di un cast che ha dato qualcosa di buono per tutti: Africa Unite-reggae, Ministri-rock, Motel connection-elettronica, Silvestri e Gazzè, Elio e le Storie tese da applausi, l’apertura prog della Nazionale rock, i 100 violoncelli di Giovanni Sollima.

Peggio è andata solo a Napoli: lì il concerto dei sindacati alla Città della scienza, da poco distrutta da un incendio doloso, è stato sospeso dopo le proteste di un gruppo di manifestanti. Ed è finito con quindici denunciati.

«Piazza strepitosa nonostante la pioggia – ha commentato su Facebook Boosta Di Leo, tastierista dei Subsonica e per l’occasione della Nazionale di Cosma – Noi abbiamo dovuto tagliare la metà di quel che avevamo preparato. Salite, scendete, fermatevi, iniziate, stop, andatevene. Su quel palco convivono anime eccellenti ed eccellenti incapaci. Come in qualunque posto al mondo. La (s)cultura del lavoro in Italia passa inevitabilmente dallo scontro di queste due diverse idee di essere uomini. Grazie a tutti quelli bravi, sopra, sotto, davanti e dietro il palco. Per tutti gli altri…. Boh, che vi devo dire con tutto quel che c’è da dire?».

Già, che dire?