Ci sono anche 7mila italiani, oltre a una lunga lista di vip, nella “lista Falciani” ovvero quei centomila clienti della banca svizzera Hsbc che hanno depositato denaro senza dichiararlo al fisco tra gli anni 2005 e 2007. La lista dei nomi è stata rivelata dal network di giornalismo investigativo Icij (International Consortium of Investigative Journalists) dopo un lavoro di oltre otto mesi ed è stata ribattezzata “Swissleaks”. È stata anticipata da Le Monde, in Italia da L’Espresso e da altre quarantaquattro testate in tutto il mondo.
Nomi famosi – dallo stilista Valentino alla modella Elle McPherson, passando per Phil Collins, Fernando Alonso, re arabi e star di Hollywood – nomi molto meno famosi e grandi numeri: 100mila clienti di 200 nazionalità diverse e un movimento di circa 180 miliardi di euro sconosciuti al fisco dei rispettivi paesi.
Voluntary disclosure – Quanto mai attuale la posizione espressa dagli esperti del settore in un convegno tenuto la scorsa settimana a Monza: se uno ha del denaro all’estero non dichiarato al fisco, questo è il momento di riportarlo in Italia o, perlomeno, di denunciarlo. Una via da seguire approfittando della normativa legata alla voluntary disclosure. Che, tradotto letteralmente, significa appunto confessione spontanea.
All’argomento l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e della Brianza ha dedicato un affollato incontro formativo. L’appuntamento dal titolo «Voluntary disclosure – Emersione delle attività estere» ha trattato i presupposti applicativi e gli aspetti procedurali.
«I casi – spiega Gilberto Gelosa, presidente dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e della Brianza – sono infiniti. Ma questo non è un vestito di massa. Ogni caso richiede una sua soluzione specifica. E vanno sempre valutate a fondo le conseguenze di tipo penale».
Ogni aspetto della questione è stato esaminato: Manuela La Gamba, responsabile pianificazione patrimoniale Bnl Bnp Paribas, ha illustrato il contesto internazionale e il ruolo degli intermediari esteri, mentre l’avvocato Massimo Antonini ha spiegato quali siano i presupposti applicativi e le cause ostative.
«La richiesta di accesso – ha sottolineato Antonini – è irretrattabile. Deve essere spontanea, consapevole e autonoma. Il cliente deve dire tutto». Entro 30 giorni è comunque ammessa un’istanza integrativa. La procedura si perfeziona con il pagamento: quest’ultimo può essere effettuato in un’unica soluzione o in tre rate mensili di pari importo.
La voluntary disclosure non è dunque un condono. Le tasse si pagano lo stesso integralmente. La sanzione è ridotta, ma si paga ugualmente. Altro particolare importante: la «confessione spontanea» coinvolge tutte le parti interessate: coeredi, cointestatari e controparti dell’operazione. C’è il rischio, insomma, di un effetto domino. La possibilità di far emergere ciò che non si è dichiarato può ora essere vista con un’ottica diversa rispetto al passato. Nel senso che è ormai sempre più stretta la collaborazione tra le Agenzie fiscali dei diversi Paesi.
L’accordo Italia-Svizzera – Una convenzione in questo senso sta per essere firmata tra Italia e Svizzera. Ed è stato riconosciuto come «la Svizzera rappresenti l’80% del problema». Marco Cerrato, avvocato, professore a contratto di diritto tributario alla Facoltà di giurisprudenza dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza, e Olivio Rotili, responsabile affari societari di Servizio Italia spa, consigliere di Assofiduciaria, hanno illustrato rispettivamente i termini di accertamento, sanzioni applicabili, effetti in caso di mancata definizione della procedura, e il ruolo dell’intermediario fiduciario: vantaggi e aspetti operativi. I risvolti penali sono stati esaminati dall’avvocato Mario Zanchetti, professore ordinario di diritto penale e preside della Facoltà di giurisprudenza dell’Università Carlo Cattaneo. «Il tema – ha puntualizzato Zanchetti – è delicato sotto questo punto di vista». Perché, in pratica, mantenendo il denaro all’estero si rischia di incappare nelle sanzioni per antiriciclaggio. «Se uno sceglie la voluntary disclosure – ha aggiunto Zanchetti – i rischi penali permangono, ma sono plausibilmente controllabili. Se va male, si può puntare a un buon patteggiamento». Non tutti i reati tributari sono comunque coperti dallo schermo della non punibilità: resta escluso, per esempio, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.