Saggio di efficienza in Candy. Una trentina di lavoratori sono rientrati dalle ferie su richiesta della direzione per evadere un ordine imprevisto e molto importante arrivato da un cliente estero. In meno di 24 ore, i dipendenti si sono organizzati, sono tornati nello stabilimento di via Comolli a Brugherio e hanno attivato una linea intera, producendo in un paio di giorni le 200 macchine richieste. Tutto, in un’azienda che poche settimane fa annunciava di voler trasferire parte della produzione all’estero con un taglio di 340 posti di lavoro, più della metà del personale.
Sembra sia stato proprio il cliente a chiedere che i pezzi venissero realizzati a Brugherio e non in qualche stabilimento estero della Candy. Lo riferisce Paolo Mancini, rappresentante sindacale della Cgil. «Ci risulta che il cliente volesse macchine fatte qui in Brianza -dice- e comunque non sarebbe potuta andare diversamente perché sappiamo bene che i siti esteri non sono in grado di organizzarsi con questi tempi e questa efficienza». Non sarebbe una novità, d’altra parte, la pretesa del made in Italy. «Ci sono diversi clienti di Candy, anche esteri, che esigono macchine realizzate a Brugherio -spiega Mancini- in questi casi sono disposti a siglare contratti economicamente più cari in cambio della qualità che il nostro lavoro garantisce». In Brianza insomma, restano l’esperienza e la sapienza maturate in decenni di lavoro, oltre alla flessibilità necessaria a rispondere alle esigenze di un mercato che muta velocemente. Una flessibilità che gli operai Candy hanno affinato soprattutto nell’ultimo decennio, tra crisi e licenziamenti.
L’episodio dei giorni scorsi, secondo i lavoratori, è una dimostrazione pratica dell’efficienza del personale. Senza le capacità professionali dei lavoratori italiani, dicono le Rsu, evadere l’ordine sarebbe stato impossibile e l’importante commessa sarebbe andata persa. Forse insieme al cliente. Per questo si è deciso di diffondere un comunicato interno che assume i toni di un appello diretto al presidente Aldo Fumagalli. «Abbiamo dimostrato che i lavoratori sono stati disposti ancora una volta a fare la loro parte -spiega Mancini- e che sono in grado di garantire prestazioni di alto livello. Ora tocca alla direzione scommettere sulla qualità del lavoro e del prodotto. L’appello è proprio ad Aldo Fumagalli che in diverse occasioni ha parlato di cuore italiano dell’azienda».
La commessa urgente dei giorni scorsi non è un caso del tutto isolato. Nel mese di luglio molti lavoratori sono stati richiamati in fabbrica con deroga agli orari ridotti del contratto di solidarietà in corso, per evadere ordini impellenti. E questo avveniva pochi giorni dopo l’annuncio shock dei 340 esuberi e della volontà di abbassare a 300mila macchine annue la produttività del sito italiano, per potenziare la produzione all’estero.