Due anni fa la vendita di Rottapharm (tranne il ramo Biotech, la ricerca) agli svedesi di Meda per 2, 275 miliardi. Quest’anno la cessione di Meda al colosso americano Mylan per 7,2 miliardi di dollari. Cambia nuovamente faccia il settore farmaceutico brianzolo scontando il fermento che caratterizza tutto il settore a livello mondiale. L’accordo per l’acquisto risale al febbraio scorso ed è stato raggiunto al terzo tentativo. In pratica se ne parlava già anche prima dell’acquisizione di Rottapharm da parte degli svedesi. L’annuncio ufficiale, però, è del 5 agosto scorso quando Mylan (la cui casa madre è a Pittsburgh, in Pennsylvania) ha confermato ufficialmente di aver completato il procedimento per la sua offerta pubblica di acquisto agli azionisti di Meda Aktiebolag per la cessione di tutte le azioni. Offerta accettata dagli azionisti del gruppo svedese.
La proposta di acquisizione è stata approvata dalla Commissione europea il 20 luglio condizionando comunque il sì al disinvestimento dell’azienda in alcuni settori. Mylan vanta oltre 40mila dipendenti, un portfolio di oltre 2700 farmaci generici, una piattaforma di produzione e R&D (ricerca e sviluppo) con più di 50 impianti.
L’arrivo di Mylan non dovrebbe rappresentare alcun pericolo per la sede monzese di Meda. «Il sito brianzolo – ipotizza Luca Rovati, vice presidente del cda del gruppo nato nell’estate del 2014 in seguito all’acquisizione di Rottapharm da parte dell’azienda svedese – potrebbe addirittura espandersi». «La società americana – chiarisce l’imprenditore brianzolo – non ha, infatti, annunciato sinergie di costo per l’Italia»: vale a dire che non si intravvedono tagli del personale. Non spaventa, aggiunge, la dismissione di alcuni prodotti imposta dalla Commissione Europea dato che riguarda linee marginali e non farmaci importanti. Nel caso contrario, lascia intendere, l’acquisizione non sarebbe stata perfezionata.
Il futuro della nuova realtà farmaceutica è tutto da scrivere, ma difficilmente la famiglia brianzola avrà voce in capitolo: i Rovati, con il 9% sono il secondo socio di Meda ma con l’azionista di maggioranza relativa che detiene il 20% delle quote, controlleranno non più dell’1,8% di Mylan. «Saremo comunque – afferma il vicepresidente – il primo socio privato in quanto il capitale è detenuto perlopiù da grandi fondi di investimento. Questi colossi sono gestiti direttamente dal management: siamo anche noi in attesa di capire quello che accadrà».
L’unica certezza, aggiunge, è che in Italia Mylan-Meda-Rottapharm diventerà una grande realtà industriale con un fatturato annuo attorno agli 800 milioni di euro a cui il colosso americano porta in dote un ricco patrimonio costituito dai generici. L’operazione, avvenuta a due anni di distanza dall’acquisizione di Rottapharm, non stupisce Rovati: «Meda – ricorda – era appetibile in quanto ben strutturata e i movimenti nel settore non sono certo finiti: la stessa Mylan prima ha respinto un’opa da parte della israeliana Teva e poi ha cercato di acquisire Perrigo». Fusioni e incorporazioni, riflette, sono normali in un settore molto frammentato: «Si andrà – spiega – sempre più verso una concentrazione. Le piccole aziende non riescono a rimanere sul mercato: basti pensare che per sperimentare e lanciare un nuovo medicinale a livello mondiale occorre un investimento di 800 milioni di euro. La concentrazione metterà a disposizione maggiori risorse per la ricerca» anche attraverso la riduzione dei laboratori e quella che l’imprenditore definisce «osmosi della conoscenza». La scomparsa di minuscole realtà, prosegue, è vantaggiosa anche per i malati: «Sono loro – assicura – che con i sistemi sanitari statali ottengono i benefici maggiori. L’introduzione dei generici ha livellato verso il basso il prezzo di tutti i farmaci».