C’è chi dirà sì e chi dirà no. Il 23 giugno è il giorno del giudizio per i cittadini inglesi, che attraverso il referendum dovranno pronunciarsi sulla possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
Una rappresentanza del mondo artigiano brianzolo, intanto, ha già espresso un orientamento sorprendente. Un’indagine dell’Unione Artigiani Monza Brianza ha evidenziato come, secondo il 54,2% degli interpellati, gli inglesi voteranno per restare nella Ue. Se però questa consultazione avvenisse nel nostro Paese, il 53,4% si esprimerebbe per dare un taglio all’Europa.
I «secessionisti» tricolori puntano il dito contro la burocrazia e i costi della politica comunitaria. Sono stati 381 i piccoli imprenditori che hanno risposto a un’indagine online anonima e su base volontaria. In base alla risposte, i britannici voteranno per restare nell’Unione per il 54,2% contro il 45,8%. Se il Regno Unito però dovesse decidere di lasciare l’Ue, secondo il 47,7% degli artigiani questa scelta comporterebbe una flessione dell’economia continentale. Per il 21,1% tutto resterebbe immutato; per il 17,5% ci sarebbero positivi benefici, mentre per il restante 13,7% ci sarebbe una grave crisi economica. Se poi dovessero pronunciarsi su una futuribile Italexit, il sondaggio in questione lancia un segnale inaspettato. Il 53,4% degli artigiani interpellati sarebbe favorevole a lasciare l’Unione.
«Nel confronto quotidiano con i nostri artigiani, inutile negarlo – precisa Giovanni Barzaghi, presidente Apa Confartigianato Imprese – la percezione che emerge rispetto all’Europa non gode di pieno favore. È forte la sensazione che l’Italia paghi un obolo alto in termini di vincoli burocratici e di contributi da versare alla “cassa comune”, mentre meno immediata risulta la definizione dei vantaggi del rimanere nell’UE. In particolare, gli imprenditori criticano ai nostri rappresentanti lo scarso peso nelle azioni di tutela del nostro Paese e, più nello specifico, della natura e delle esigenze della micro impresa. Poi però dobbiamo fare una considerazione sulla base delle valutazioni dell’Ocse. Individuato l’impatto della Brexit sulla domanda d’importazioni pari al 9,4% per i beni intermedi e al 9,7% per i beni di consumo, si stima che la vittoria dei leave determinerebbe 727 milioni di euro di minori esportazioni italiane nei settori a maggiore concentrazione di micro e piccola impresa. Questo scenario ci pone in allerta soprattutto per i settori dove le PMI fanno registrare maggiori vendite nel Regno Unito: prima di tutto l’alimentare, seguito da abbigliamento, pelle, mobili e prodotti in metallo».
In caso di Brexit, comunque, un vantaggio per l’economia brianzola si potrebbe comunque concretizzare, anche se già all’inizio di quest’anno l’export verso l’Inghilterra è sceso del 9%. «In caso di uscita della Gran Bretagna – commenta Renato Mattioni, segretario della Camera di Commercio di Monza e Brianza- una ricaduta economica negativa ci sarà e la speculazione finanziaria ci metterà in difficoltà. Ma va pure considerato che le multinazionali con sede a Londra, una volta fuori dalla Ue, penseranno a localizzarsi altrove. Monza e la Brianza, rispetto a Milano, offrono costi più bassi e una qualità di vita e di lavoro superiore. La Brianza può essere un’interessante piattaforma».