Quando se li trovano davanti, magari avvolti dal buio e dalla nebbia, o sotto la pioggia, e li vedono sgranare gli occhi e chiedersi tra sé e sé: «Ma dove diavolo sono finito?» loro abbassano il finestrino e chiedono: «Serve un passaggio?». Sono Piervittorio Mariani e la moglie, casa a Calò di Besana e attività a Seregno.
Succede spesso, sulla strada tutta curve e in forte pendenza che dalla stazione ferroviaria di Carate Brianza-Calò scende al ponte di Realdino. Una strada che i due coniugi percorrono, da quindici anni, più volte al giorno, nel tragitto casa-lavoro e lavoro-casa.
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Messe da parte indifferenza e diffidenza, quando possono e quando serve, marito e moglie aprono le portiere della loro auto per fare da “taxi della Provvidenza” a chi ha appena lasciato o sta per raggiungere la piccola stazione che si affaccia sui binari del Besanino, lungo la Milano-Lecco via Molteno.
«In gran parte sono extracomunitari che scendono dal treno con borse e borsoni, pacchi e valigie. Ma ci sono anche donne, spesso badanti al servizio di qualche famiglia della zona, e ragazzi. Tutti scendono dal treno convinti di essere arrivati. Nessuno sa che per raggiungere Carate Brianza da lì, invece, ci vuole almeno mezz’ora di cammino, su una strada stretta, a curve ripide, in forte pendenza e senza marciapiede. Lo stesso vale per chi da Carate vuole raggiungere a piedi la stazione. E anzi, a loro va peggio perché la salita che li aspetta non è indifferente».
Ennesima segnalazione, quella dei due, che punta i riflettori sulla malconcia stazione da anni senza un presidio e persa tra il verde a metà strada tra Carate e la frazione besanese di Calò. «Secondo noi – dicono – il Comune dovrebbe segnalare meglio la posizione della stazione e la distanza dal centro paese: a volte abbiamo dato passaggi a persone convinte di arrivare in alto in dieci minuti.
«Più difficile, ce ne rendiamo conto, la segnalazione inversa, per chi sceglie il treno per raggiungere Carate e una volta messi i piedi a terra si accorge di essere in mezzo al nulla. Ed è troppo tardi. Un peccato che la stazione non sia ben segnalata e collegata. La sera, poi, c’è da avere paura dal buio che fa: non mi stupisce che tanti universitari di Calò preferiscano scendere alla fermata successiva di Villa Raverio piuttosto che lì», aggiunge la moglie.
E chissà che a riqualificare la zona non contribuisca l’assegnazione a un’associazione dei locali un tempo occupati dal custode ferroviario.
La proposta, avanzata all’amministrazione comunale da Ferrovie dello Stato la scorsa estate, è al vaglio. Si tratta di pesare costi e benefici. La piccola, isolata, malconcia e ad oggi poco frequentata stazione, regno indisturbato dei vandali, è infatti nell’elenco che la società ferroviaria vorrebbe cedere in comodato d’uso gratuito.