Sei arresti tra Lecco e Varese contro il terrorismo jihadista in un’operazione congiunta Ros-Digos. Tra questi una coppia, residente nella provincia di Lecco, che voleva partire per la jihad nei territori di guerra siro-iracheni, portando con sè i due figli di 2 e 4 anni, affidati ora ai nonni paterni. Arrestato anche un marocchino di 23 anni, fratello di un foreign fighter che sarebbe morto in Siria. Alcuni degli arrestati parlavano tra loro di possibili attentati terroristici, con una “particolare attenzione a Roma”.
Chi sono i 6 destinatari del provvedimento di arresto
Ecco i nomi dei destinatari dell’ordinanza: Mohamed Koraichi, nato in Marocco il 26 febbraio 1985 e residente a Bulciago (Lecco) e la moglie Alice Brignoli che ha cambiato nome in Aisha dopo la conversione all’Islam, nata a Erba il 13 dicembre 1977. La coppia è latitante e per inquirenti e investigatori si trova con i tre figli di 6, 4 e 2 anni nel territorio dell’organizzazione terroristica Stato Islamico. E’ invece stata arrestata a Baveno, in provincia di Verbania, Wafa Koraichi, nata in Marocco il 17 aprile 1992 e sorella di Mohamed. Sono stati fermati anche Abderrahim Moutaharrik, cittadino italiano di origini marocchine, campione di pugilato in Svizzera, nato il 23 giugno 1988 e residente a Lecco, e sua moglie Salma Bencharki, anche lei nata in Marocco il 15 marzo 1990. Infine è finito in carcere Abderrahmane Khachia, nato in Marocco il 2 maggio 1993 e residente a Brunello (Varese). Il giovane è il fratello di Oussama Khachia, 30 anni, operaio, un foreign fighter cresciuto a Brunello ed espulso dall’Italia il 28 gennaio 2015 per alcuni post su Facebook a favore dell’Isis. In seguito fu allontanato anche dalla Svizzera e infine avrebbe raggiunto la Siria dove sarebbe morto dopo essersi unito al Califfato.
Il caso dei bambini: la foto
Agli atti dell’inchiesta anche la foto di 4 bambini che indossano una tuta e indicano con un indice il cielo in atteggiamento che simboleggia l’esaltazione del martirio. I bambini sono i tre figli della coppia di Bulciago che ora risulta essere nel Califfato. Il quarto è il figlio di Oussama Khachia, operaio 30enne che sarebbe morto in Siria, dopo essersi unito all’Isis.
L’invito a colpire
Sarebbe stato Moutaharrik a ricevere la richiesta da altri affiliati all’Isis di compiere un attentato in Italia. “Caro fratello Abderrahim, ti mando (…) il poema bomba (…) ascolta lo sceicco e colpisci”. E’ questo il contenuto di una registrazione mandata via WhatsApp a Moutaharrik. Il messaggio incita al martirio e a compiere attentatati nei Paesi in cui il destinatario si trova, quindi l’Italia. Da alcune intercettazioni è emerso che Koraichi parlava con uno degli arrestati di attentati da compiere in Italia. Sui possibili attacchi c’era “un’attenzione particolare alla città di Roma”, hanno detto gli inquirenti perchè, da come ritengono gli arrestati, “per il Giubileo è sede di pellegrinaggio e dove i pellegrini trovano la forza di combattere gli islamici”. Dalle zone di guerra siriano-irachene sarebbe arrivata “la richiesta di effettuare attentati sul territorio italiano, una indicazione non generica ma specifica che ci risulta da messaggi che abbiamo intercettato”, ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli.
Un campione nello sport
L’uomo marocchino arrestato perchè voleva partire per unirsi all’Isis con la moglie e i due figli “è uno sportivo di qualità un pugile di kickboxing di alto livello in Italia e all’estero. Sarebbe stato lui – ha spiegato il procuratore – a ricevere la richiesta di compiere attentati in Italia da parte dell’uomo marocchino che era residente a Bulciago e che più di un anno fa è andato con la moglie e i tre figli nelle zone di guerra”.
I legami con la Brianza
La vicenda di Alice Aisha Brignoli e Mohamed Koraichi – i cui nomi sono finiti nell’elenco dei foreign fighters ’italiani’ – è emersa a maggio del 2015 quando la madre della donna, Fabienne, che ha uno studio olistico a Carate Brianza, ne ha denunciato la scomparsa portando con se’ i tre figli, il più grande di sette anni e il più piccolo di solo un anno e mezzo. Aisha e suo marito Mohamed hanno iniziato il percorso di radicalizzazione nel 2009, in concomitanza con la nascita del primo figlio: lei ha iniziato ad indossare il velo e a studiare l’arabo, lui si e’ fatto crescere la barba e sempre più spesso si faceva vedere in giro con una tunica bianca. Con il passare del tempo i due hanno tagliato i ponti con le famiglie e a maggio dell’anno scorso sono partiti. Prima tappa la Turchia, da dove poi hanno raggiunto la Siria. Quando e’ entrata nell’appartamento della figlia a Bulciago, la madre di Aicha ha trovato solo un messaggio: “sono partita, non mi cercate, non torno”. Da allora gli investigatori hanno intercettato due telefonate, per dire che stava bene e di non preoccuparsi, e un ultimo messaggio verso la fine dell’anno.