Manifestazione di protesta a Seregno contro la lapide collocata nel cimitero di via Reggio che ricorda i caduti seregnesi della Repubblica sociale italiana (Rsi). Contromanifestazione del Movimento sociale a pochi passi di distanza.
Per iniziativa del locale Comitato antifascista, con la collaborazione di Cgil, Cisl ed Uil, dell’Anpi di Monza e Brianza e di Aned, si è svolto sabato 12, a Seregno, in piazza Libertà, davanti a palazzo Landriani-Caponaghi, sede di rappresentanza comunale, un presidio di protesta contro la posa di una lapide nel cimitero maggiore di via Reggio, a ricordo dei seregnesi che caddero tra il 1943 ed il 1945, durante la seconda guerra mondiale, combattendo per la Repubblica Sociale Italiana.
Alla manifestazione, monitorata da Digos, carabinieri e polizia locale per evitare incidenti, ha preso parte oltre un centinaio di persone. «La nostra richiesta è quella di una rimozione immediata della lapide -ha spiegato Roberto Galliani, presidente del Comitato antifascista-, perché viceversa saremmo in grande difficoltà a proseguire la collaborazione con il Comune di Seregno per organizzare gli appuntamenti celebrativi del prossimo 25 aprile. Oltretutto, i caduti delle due parti non si possono equiparare: ci sono tanto di sentenze degli anni successivi al termine del conflitto che attestano come chi ha combattuto contro i partigiani per la Repubblica Sociale Italiana, che era un protettorato tedesco su suolo italiano, fosse fuori legge».
La dose è stata quindi rincarata: «La lapide, che reca il nome anche di tre persone che non combatterono per la Repubblica Sociale Italiane e che sono celebrate solo in quanto fascisti, non è il primo errore recente dell’amministrazione di centrodestra. La piazza accanto all’ufficio postale era stata intitolata dal sindaco Gigi Perego alla famiglia Gani, deportata ad Auschwitz su delazione di appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana, ed è stata poi reintitolata ai donatori di sangue come se nulla fosse. Lo avevo denunciato nel 2012 nel libretto che ogni anno stampiamo per il 25 aprile, ma l’allora sindaco Giacinto Mariani censurò il passaggio».
Analogo il pensiero di Loris Maconi, presidente provinciale dell’Anpi: «La pietà per i morti non è in discussione. Lo è l’equiparazione storica che pone tutti sullo stesso piano, chi ha sacrificato la vita per la libertà e chi ha lottato per negarla».
Durante il presidio, un gruppo di aderenti al Movimento Sociale Italia Destra Nazionale, guidato da Franco Di Raimondo, candidato sindaco del Movimento Italia Sociale nelle ultime amministrative, ha contromanifestato dinanzi al monumento agli alpini a pochi metri da palazzo Landriani-Caponaghi. «Chiediamo solo di poter commemorare i nostri defunti -ha chiarito Di Raimondo-, vincitori o sconfitti che siano stati in un periodo che è ormai lontano settant’anni. Questo in nome di una pacificazione nazionale».
Con lui vi era Romano Vaccina, nipote di Pietro, uno dei caduti della Repubblica Sociale Italiana che appaiono sulla lapide: «Era il fratello di mio padre e morì a soli 17 anni. Non fece mai nulla di male, come non lo abbiamo fatto noi: la nostra parte non ha mai profanato i morti altrui, come hanno fatto gli altri in queste settimane con i nostri». Il riferimento è agli imbrattamenti della lapide, verificatisi in novembre.