Una rondine fa sempre primavera, basta che non sia da sola. Perché se torna al nido dopo l’inverno e si riproduce vuol dire che si è stati in qualche modo in grado di tutelare il territorio. Lo dice un professore che da più di quindici anni è impegnato nello studio e nel monitoraggio della popolazione delle rondini in Lombardia. Un progetto partito dall’università Bicocca col parco Adda Sud e il Pineta di Appiano Gentile. Arrivato in Brianza nel 2011, nei Parchi dei Colli briantei, delle Groane e inizialmente anche della Valle del Lambro, grazie al coinvolgimento delle Guardie ecologiche volontarie. E poi dei cittadini e delle scuole. Uno studio che sta fotografando una situazione difficile, forse in lento miglioramento. Comunque stabile, adesso.
«Basta che non ne resti solo una», appunto. E che le parti coinvolte possano continuare a osservarle anche oltre il 2015, visto che i fondi regionali sono finiti ormai da tempo e nuovi sponsor sarebbero benvenuti.
Roberto Ambrosini, ricercatore del dipartimento di Bioscienze e biotecnologie, è l’anima del progetto “È ora di salvare le rondini” (nella foto di Gianluca Orezoli, due esemplari visti a cascina baraggia di Lesmo) e domenica a Usmate Velate ha raccontato a una sala piena com’è la situazione. E la situazione è che dopo un crollo drammatico della popolazione di oltre il 50 per cento in dieci anni, dal 2011 l’emergenza sembra rallentata. Cautela e dita incrociate tra le Gev di mezza Brianza, dalle locali di Usmate e Carnate a quelle di Monza, anche se il parco non è più tra i siti sotto osservazione restando comunque luogo di nidificazione. Il lavoro svolto con dedizione con l’aiuto dei cittadini volontari insomma sembra poter regalare un moderato ottimismo.
Quasi 300 le cascine censite in tutta l’area interessata dal progetto tra il 2013 e il 2014. L’anno scorso ventinove sono state nel parco delle Groane con otto luoghi con nidi abitati e un massimo di 14 coppie di rondini e una ventina nella Brianza vimercatese: 23 in tutto di cui cinque con nidi abitati e un massimo di sei coppie. Alla Cascina Baraggia di Lesmo, dove è stata scattata la foto, in soli tre anni sono stati ricostruiti tre nidi e nove pulli in autunno si sono involati verso l’Africa insieme ai genitori. Stanno tornando? I residenti li aspettano. Le altre aree osservate nei dintorni di Usmate sono Corte Giulini, il maneggio Pie’s horses, la Cascina 4 valli e Ca’ Rossa.
«Una volta scelto il nido per la riproduzione, gli esemplari adulti di rondini sono fedeli per tutta la vita – spiega Roberto Ambrosini – che significa che una stessa rondine può tornare nello stesso posto per due anni, in casi rari anche tre. Per un esemplare giovane, invece, è stato calcolato un raggio di dispersione di 8-10 chilometri dal nido di nascita. Una rondine nata in Brianza difficilmente tornerà dove è nata, ma di certo non sceglierà di andare a riprodursi in Svezia». D’inverno vanno a prendere il caldo in una zona a sud del Camerun al confine con la Nigeria («Grazie a un localizzatore di pochi grammi che registra i cicli di luce, abbiamo verificato le rotte di migrazione che all’andata disegnano una retta verso il Mediterraneo e il Sahara, al ritorno possono passare anche da Gibilterra e risalire da Spagna e Francia»), poi tornano dove stanno bene.
Sfidando i cambiamenti climatici che possono condizionare le caratteristiche dell’habitat di soggiorno e delle rotte di migrazione. E per stare bene hanno bisogno di prati a foraggio nei primi 200 metri vicini al nido, di edifici in zone agricole e d’allevamento che garantiscano le condizioni di calore e nutrimento, di comportamenti corretti e sostenibili. Condizioni favorevoli, tra l’altro, a tutti gli uccelli agricoli. «Per tutte queste ragioni sono importanti l’educazione ambientale, la divulgazione e la sensibilizzazione – continua Ambrosini – E pensare che il decremento possa essere stato rallentato anche dal nostro lavoro può essere lo stimolo per andare avanti. È importante continuare i monitoraggi, estenderli a nuove aree. Non interrompere la raccolta dei dati ».
Condizioni e impegno osservati dalle Gev, come Isabella Sangalli referente per la zona dei Colli briantei, con visite sui siti ogni quindici giorni per circa quattro mesi. Dal primo di aprile tutti i parchi coinvolti ricominceranno il monitoraggio con una fotografia del suolo intorno alle cascine per capire se le coltivazioni cui sono destinati i campi influenzano le scelte delle giovani rondini; successivamente procederanno col conteggio dei nidi, delle coppie, di uova e pulli (utilizzando uno specchietto che permette l’osservazione senza disturbare le famiglie). Perché una rondine fa sempre primavera ed è importante che continui a farlo.