«La prossima volta andiamo a letto». È l’invito che un ottantenne avrebbe rivolto a un bambino di otto anni dopo averlo obbligato a sottoporsi ad abusi sessuali nell’anticamera della sua abitazione, una villetta bifamiliare in un comune della Brianza, che l’uomo, con la compagna, condivide con la famiglia del piccolo. L’anziano, accusato di violenza sessuale, rischia una condanna a 7 anni e mezzo.
Una vicenda sulla quale il tribunale di Monza – collegio presieduto dal giudice Silvia Pansini – dopo le richieste di condanna dell’accusa e la requisitoria della difesa, avvenute venerdì,si appresta ad emettere sentenza il prossimo 12 febbraio. I fatti contestati sarebbero accaduti nell’estate di tre anni fa.
«La prossima volta andiamo a letto» avrebbe detto l’uomo al bambino subito dopo il presunto abuso, avvenuto su una poltroncina della sua casa
Secondo quanto raccontato dal bambino durante un’audizione protetta, alla presenza di una psicologa, dopo alcuni tentativi di approccio sessuale precedenti , un pomeriggio, l’anziano, rimasto solo in casa con lui, l’avrebbe fatto salire in piedi su una poltroncina, nell’anticamera d’ingresso della abitazione, spogliato e costretto a subire le sue attenzioni.
Gli avrebbe poi raccomandato di non raccontare nulla dell’accaduto e invitato a un successivo incontro, ma questa volta «a letto». Trascorso qualche giorno, tuttavia, il bambino si è confidato con la madre. I genitori, a quel punto, hanno sporto una denuncia querela nei confronti del vicino.
Venerdì, in veste di testimone in aula è sfilata la compagna dell’imputato che, ha descritto i rapporti di “buon vicinato” con la famiglia del bambino: «proseguiti anche successivamente alla presentazione della denuncia» e ha difeso il compagno, nonno di alcuni nipoti, mai un guaio con la giustizia. Quanto poi a eventuali particolari “attenzioni” verso il bambino e l’episodio contestato, la donna ha detto di non essersi accorta di nulla, negando decisamente ogni responsabilità del compagno.
Il difensore dell’imputato, l’avvocato Andrea Scappatura del Foro di Monza, ha contestato: «L’assoluta mancanza di prove e un’accusa basata solo sul racconto di un bambino, sentito tra l’altro una sola volta, e sull’incidente probatorio». «Qui – ha aggiunto nella sua arringa – nessuno ha indagato sui fatti». Ha anche contestato che si possa arrivare a sentenza: «Senza che il mio cliente, assente per gravi motivi di salute, sia mai stato sentito in aula». Il pensionato, ha aggiunto il legale: «Di fronte alle accuse, che ha definito infamanti, è rimasto basito».
Nessun dubbio invece da parte del pubblico ministero e della parte civile (quest’ultima ha chiesto anche una provvisionale di 40mila euro per il bambino e di 15mila per i genitori), convinti soprattutto dal racconto molto dettagliato, difficilmente frutto di un’invenzione, fornito dalla presunta vittima.