L’invasione delle auto a Lentate sul Seveso sta per cominciare e da lì si diramerà per gli altri comuni interessati dalla tratta B2 di Pedemontana: a novembre, quando sarà inaugurata la B1, la Milano-Meda collasserà e i veicoli cercheranno una via di fuga sulle strade che attraversano i centri abitati. Eppure la massa di vetture che dovrebbe transitare dalla nuova autostrada alla superstrada sarà lontana da quella ipotizzata anni fa, quando il tracciato è stato disegnato: le stime più recenti ridimensionano di molto i 100.000 mezzi previsti.
Non saranno, secondo molti, nemmeno i 60.000 azzardati da qualcuno, ma qualche decina di migliaia in meno: la conferma che i pendolari e gli artigiani si terranno alla larga dalla nuova arteria è arrivata a luglio da Umberto Regalia, ex direttore generale di Pedemontana. «I flussi di traffico – ha spiegato quando la Provincia ha proposto alla Regione la revisione dell’opera – crolleranno e non solo a causa della crisi. I pedaggi costeranno troppo rispetto a percorsi di analoga lunghezza e chi dovrebbe imboccarla cinque giorni alla settimana la eviterà».
Il suo avvertimento è stato, indirettamente, suffragato dalle anticipazioni sui pedaggi filtrate alcuni giorni fa: 4,72 euro per andare da Cassano Magnago a Lentate che la renderebbero l’arteria più cara d’Italia. Di fronte a cifre del genere sono insorti sia i potenziali utenti sia i politici di diverso schieramento. Eppure per abbassare i prezzi, aveva detto alcuni mesi fa Regalia, non resta che una soluzione: tagliare i costi del progetto accorciando di netto il tragitto bloccandolo a Vimercate e cancellando l’interramento dello svincolo interrato di Desio.
C’è, poi, chi va oltre e propone una revisione di uno dei criteri utilizzati per calcolare i pedaggi: gli addetti ai lavori, per tentare di recuperare gli investimenti, si basano non solo sui costi ma anche sul valore assegnato al tempo necessario a spostarsi da un luogo all’altro. Nel caso di Pedemontana sarebbe stato fissato a 15 euro all’ora per le automobili e a 25 per i furgoni: ecco, dunque, che un tragitto di un quarto d’ora varrebbe circa 4 euro per un pendolare. Decisamente troppo per quasi tutti i potenziali clienti che, per non pagare, cercheranno un’alternativa sulle arterie locali. A quel punto sparirebbe quasi completamento il flusso locale per la quale è stata pensata l’autostrada che rischierebbe di essere imboccata solo da utenti sporadici, dirigenti con un reddito elevato ed agenti di commercio che possono scaricare gli scontrini. Il circolo vizioso sarebbe, però, innescato: le tariffe alte sarebbero la causa principale della contrazione del traffico, unico strumento per ripagare i costi dell’intervento.
Pedemontana, insomma, rischia di rimanere quasi deserta come sta accadendo a Teem e Brebemi. A farne le spese, però, sarà non solo la Milano-Meda ma anche la viabilità locale.
Peraltro Pedemontana dovrà trovare 200 milioni di euro per riaprire i cantieri: a metà novembre scadrà la proroga della gara riservata alle banche interessate a rifinanziare il prestito ponte. Se non si farà avanti nessuno, la società potrebbe rischiare il fallimento. Proprio per questo, ipotizza qualcuno, la Regione potrebbe cercare di convincere gli istituti di credito a mettere sul tavolo il denaro. I banchieri, a quel punto, potrebbero dettare le loro condizioni per abbassare i costi tra cui, magari, il rinvio delle opere di compensazione. Sempre che il Pirellone, nel pieno della crisi politico-giudiziaria, abbia la forza di imporre la propria volontà.