Rabbia, indignazione e una mozione di sfiducia. Rabbia soprattutto nelle parole del presidente della Regione Roberto Maroni dopo l’operazione “Smile” che ha portato a 21 arresti per tangenti nella sanità, tra cui il suo braccio destro Fabio Rizzi. Rabbia e l’annuncio di una nuova stretta sui controlli. Rizzi intanto è stato sospeso dalla Lega dal segretario Matteo Salvini perché “chi sbaglia davvero, non merita la Lega”.
«Sono molto “incazzato” per quello che è successo – ha commentato Maroni – perché, fermo restando la presunzione di innocenza, il lavoro che da anni stiamo facendo per garantire trasparenza, efficienza e una spesa più bassa viene infangato da azioni come queste. Una azione che fa male e disturba, ma quello che stiamo facendo va nella direzione giusta. Dobbiamo intensificare i controlli e garantirò con maggiore forza il rispetto delle regole, che è quello che prevede la nostra riforma: non a caso abbiamo previsto l’istituzione della nuova Agenzia di controllo, che abbiamo voluto tutti insieme». E poi: «Noi possiamo intervenire sulle regole e sulle procedure ma, se qualcuno commette reati e abusi e disattende la legge morale, il nostro compito allora diventa difficile. Noi, comunque, interverremo con maggiore determinazione consapevoli che dobbiamo accelerare l’attuazione della riforma. La Regione in tutto questo è parte offesa. Ci costituiremo immediatamente in giudizio, la responsabilità è dei singoli».
Controlli e garanzie anche nelle parole del monzese Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega Nord al Pirellone: «Gli arresti non siano utilizzati per gettare fango sulla sanità lombarda, che resta senza dubbio la migliore d’Italia. La nostra riforma sanitaria, che ha ottenuto anche l’apprezzamento del Governo, prevede un forte inasprimento dei controlli a garanzia della trasparenza e delle procedure, e quindi tutela innanzitutto i cittadini».
L’indignazione piove dai banchi delle opposizioni, insieme a una mozione di sfiducia presentata subito dall’M5S e condivisa da Pd e Patto Civico.
«Maroni deve dimettersi e dare ai lombardi l’opportunità di nuove elezioni», ha annunciato mercoledì il Pd in conferenza.
«È facile prendere le distanze da chi oggi è sottoposto a questa indagine – ha detto il capogruppo del PD, Enrico Brambilla – ma solo poche settimane fa Maroni fece lo stesso con il vicepresidente Mantovani, sostenendo che avrebbe querelato chi avesse accostato la sanità lombarda alla parola tangenti. I fatti gli danno torto. Maroni ha ripetutamente riposto la sua fiducia sulle persone sbagliate. Ne tragga le conseguenze».
«Se il Presidente Maroni dice testualmente di essere “incazzato”, si figuri come siamo noi che da tre anni veniamo irrisi continuamente quando denunciamo in questa Aula che queste situazioni non sono più giustificate e giustificabili», ha fatto eco Umberto Ambrosoli (Patto Civico).