Ancora ’ndrangheta e le istituzioni rispondono con una “Crociata” che ha portato giovedì mattina a 29 arresti, alcuni anche in Brianza. Persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa e a delinquere finalizzata al narcotraffico internazionale di droga, usura, estorsione e rapine. Un’operazione, quella condotta dalla dda di Milano attraverso i carabinieri del Nucleo investigativo di Monza, che ha ottenuto in particolare di smantellare la “locale” di Mariano Comense, capeggiata dal 26enne Salvatore Muscatello. Tre gli arrestati in provincia, tutti finiti in carcere. Gerardo De Filippis, 49 anni, monzese, Gianluca Farina, seregnese 43enne e Vincenzo Micchia, giussanese 48enne residente a Paderno Dugnano già detenuto a Opera.
Obiettivo uffici postali
Nelle 277 pagine dell’ordinanza, firmata dal gip milanese Andrea Ghinetti, emerge il loro ruolo nell’organizzazione. De Filippis si sarebbe occupato degli stupefacenti, acquisto, detenzione e spaccio di cocaina. Il seregnese Farina di rapine: sfruttando il suo ruolo di direttore in vari uffici postali del Milanese e in Brianza (Meda), sarebbe stato il basista di una serie di colpi nei medesimi uffici che guidava. Come nel 2013 a Cormano, dove un complice non identificato “mediante minacce commesse con una pistola“ si impossessava di 37.650 euro.
Ancora, quando dirigeva l’ufficio di Meda sud, nel 2013 avrebbe organizzato per tre complici un’altra rapina all’ufficio postale di Barlassina ma i tre venivano arrestati in flagranza dai carabinieri. Ma Farina con i complici aveva in mente di organizzare colpi un po’ in numerosi uffici della Brianza: «Ce li dobbiamo fare tutti» dice durante un colloquio in auto. E mette a disposizione tutta le sue conoscenze relative agli sportelli. «Là lavora la moglie… là chiudono alle 7 e dieci …. A Carate e Giussano, uffici grandicelli che conosco, puoi trovare 100mila euro… lì il bancomat è carico a palla perché ci sono le pensioni in giorno dopo…». Per entrare basta andare dallo “specialista delle consulenze” e chiedere informazioni su un conto…”. Oppure ti rivolgi al direttore con la pistola: «Gli chiedi i documenti per farlo spaventare, ti vengo a ammazzare te e la tua famiglia… apre le porte, ti fa entrare nella saletta e si inizia a svuotare la cassaforte del bancomat, aspetti 15 minuti e si apre, solitamente ce l’hanno sempre aperta… Lì ci sono i bottoni per dare l’allarme quindi ci vuole un’altra persona per tenerlo d’occhio. Mica è difficile, logicamente ci sono le telecamere, quindi… Possiamo andare a fare un sopralluogo a Giussano».
Occhio ai clienti
Ma puntava addirittura a rapinare clienti, ovviamente quelli che facevano grossi prelievi di denaro -e lui ne veniva a conoscenza in tempo reale – come uno «che ha prelevato 47mila euro a Muggiò». Ma la rapina a Barlassina non va a buon fine: «Gli amici non hanno mangiato bene» dice Farina a un complice dopo gli arresti. Quanto a Micchia, dalla carte risulta abbia avuto un ruolo di spicco in quanto “elemento di collegamento con la famiglia Muscatello”, arrestato a luglio del 2014 “per aver costituito una associazione dedita al traffico di stupefacenti” con i Muscatello avrebbe un’amicizia di lungo corso, tanto da partecipare anche alle “mangiate”, le riunioni dei boss dove ai nuovi affiliati viene conferita la dote del “vangelo”. Tra gli arrestati c’è anche Francesco Salvatore Medici, 65enne calabrese, che nel giugno 2014 si era più volte recato in un un bar di Vedano per discutere di questioni societarie (ma anche risse e sparatorie) di un night club di Concorezzo, il Pepenero, del quale uno dei parenti, detenuto, era socio proprietario.
L’usura a Cesano
Tra le carte viene poi documentato un episodio di usura ai danni di un commerciante di Cesano, proprietario di un bar, che a fronte di un prestito di 3.000 euro ottenuto nel 2013 da uno degli affiliati, dopo un mese dovrebbe restituire 3.800 euro (interesse del 26%) e per ogni mese di ritardo gli interessi aumenteranno di altri 800 euro, e così via. «Son tirato come una merda – dice all’usuraio – adesso per la fine di sto mese qua mi dovrebbero dare i soldi e mi metto a posto, sto lottando, non ho neanche i soldi per mangiare». La sua situazione è grave: ha dovuto chiudere un mutuo e farsi ipotecare la casa. Tanto che i prestiti alla fine diventano quattro, e sempre più gravosi, con interessi fino al 52% al mese. E arrivano le minacce: «Loro non accettano un po’… a 200 euro alla volta… Bisogna pagare! Gli amici che ho io vogliono venire a cercarti».