“Sono tornato dal Papa a dirgli grazie. E a dirgli che il mio più grande desiderio è di essere sempre al suo servizio”. C’erano almeno 250 persone giovedì 16 aprile a riempire i posti a sedere, quelli in piedi e perfino la balconata esterna, nella sede del Cittadino. Tutti per lui, monsignor Raphael Minassian (intervistato sul Cittadino del 16 aprile 2015), vescovo armeno ospite del Centro Culturale Talamoni e del Centro Culturale Benedetto XVI.
Il monsignore ha raccontato la testimonianza della sua famiglia mutilata dal genocidio armeno iniziato esattamente 100 anni fa prima di lasciarsi coinvolgere in una lunga serie di domande del pubblico.
Durante l’incontro – introdotto da Marina Seregni e animato dalle letture di alcuni brani di poesia armena – il prelato ha raccontato l’udienza da Papa Francesco dopo lo storico messaggio rivolto al popolo armeno che ha scatenato le ire del governo turco.
“Questo Papa non scherza con le parole: siamo grati a Dio che attraverso il vicario di Cristo ha reso testimonianza alla verità della sofferenza della nostra gente. E chi ha mandato a uccidere ha colpe anche più grandi di chi ha materialmente ucciso”, ha detto.
Entrambi i genitori di Minassian, fattosi prete per rispettare un ex voto del padre, sono stati resi orfani proprio dallo sterminio sistematico attuato dai turchi. Primo di otto fratelli, il sacerdote ha forti radici italiane perché il padre fu salvato e portato dai salesiani in Piemonte a studiare. “Non capisco – ha detto ancora – perché il Papa dovrebbe scusarsi come gli chiede Erdogan. Deve scusarsi di quale parola usata? Riconciliazione? Perdono? Convivenza tra i popoli? Pace?”.
Al Santo Padre Minassian ha consegnato una voluminosa bibliografia dello sterminio, significativamente pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana: lo stesso dono che ha voluto fare al Centro culturale e al Cittadino.
Spazio anche a risposte sulla fede degli armeni, più forte dei tentativi di eliminazione fisica (“Non siamo noi ad aver scelto Dio, ma il contrario”), e sul ruolo dei cristiani (“Le divisioni, la perdita della fede e della cultura, sono responsabilità nostre, dei nostri peccati”), sull’ecumenismo (“serve quello pragmatico, non quello dei bla bla”) e sull’impulso dato dalla storica affermazione del Papa (“Ha aiutato tutti i cristiani perseguitati oggi come lo fummo noi cento anni fa”).