«È vero: sono un patriota e difendo le mie radici, ma non sono un neonazista». Andrea Arbizzoni, in attesa della nomina ad assessore a Monza, respinge le bordate che alcuni giornali nazionali gli hanno sferrato dipingendolo come un pericoloso neofascista.
«All’inizio – commenta – ho sorriso, ora però sono amareggiato. Gli attacchi sono partiti da fuori città tanto che alcuni esponenti del centrosinistra monzese mi hanno espresso la loro solidarietà».
I primi siluri sono stati sganciati da Repubblica e dalla senatrice fuoriuscita dal Pd Lucrezia Ricchiuti che hanno segnalato la sua vicinanza a Lealtà e Azione: «A Monza – spiega Arbizzoni – l’associazione è attiva dal 2011 e non ha mai dato prova di intolleranza, organizza raccolte di alimenti per le famiglie italiane in difficoltà, iniziative rivolte ai bambini disabili, missioni in Siria e in Palestina».
«Io – prosegue – sono entrato per la prima volta in consiglio comunale nel 1997, ho fatto l’assessore dal 2009 al 2012, sono stato il primo a congratularmi con Roberto Scanagatti quando ha vinto e a rendergli l’onore delle armi il 25 giugno. Certi cori e certe scene che ho visto quella sera e il giorno dopo in Comune non mi sono piaciuti, ma i protagonisti non erano militanti né di Fratelli d’Italia né di Lealtà e azione».
Non lo dice, ma i toni più esagitati sono stati utilizzati dagli azzurri.
E alle accuse di aver effettuato in alcune occasioni il saluto romano replica: «Non ho notato saluti romani alla commemorazione delle foibe né a quella in ricordo di Sergio Ramelli. Vorrei essere giudicato per i miei atti amministrativi, non per le mie idee politiche».