Un tavolo di lavoro tra le associazioni, una rete interistituzionale che coinvolge tribunale, Procura, Camera di commercio, Assolombarda, Afol, gli ordini professionisti e carcere, per promuovere la conoscenza delle possibilità lavorative offerte dal carcere. Di questo si è parlato durante un convegno che si è svolto martedì sera nella sede dello Sporting Club.
Un evento che è stato l’ultimo atto di un percorso portato avanti dalla Camera penale di Monza, dall’Ordine degli avvocati e da un team di magistrati, che ha dato la possibilità ai detenuti della casa circondariale di Monza di raccontare le proprie richieste e necessità una volta ultimata la pena. È emersa così l’urgenza del lavoro e dell’acquisizione di professionalità come elemento fondamentale per un autentico riscatto sociale, prima e dopo la scarcerazione.
L’obiettivo è quello di stilare un protocollo ufficiale che permetta alle aziende e ai commercianti del territorio di conoscere quali possono essere i vantaggi messi a disposizione di chi scegli di assumere lavoratori detenuti. Non a caso al convegno erano presenti tra gli altri anche Daniele Trezzi, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Monza e Brianza, e Federico Ratti, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Monza.
«Si tratta di un progetto innovativo mai avviato in altri istituti in Italia – ha spiegato la direttrice della casa circondariale, Maria Pitaniello – è stata un’evoluzione del percorso avviato con la magistratura e gli avvocati, e penso che il territorio risponderà positivamente ai nostri inviti alla collaborazione. Il mio è un appello alla sensibilità e al buon senso, e sono certa che qualcosa si muoverà».
L’idea, dunque è quella di creare una rete istituzionale composta da diversi interlocutori, che giochi un ruolo di garanzia per superare timori e diffidenze dei datori di lavoro nel momento in cui decidono di assumere un detenuto nel proprio organico.
«Solitamente l’imprenditore o il commerciante che approcciano per la prima volta il mondo del carcere lo fanno con una certa diffidenza, nonostante i notevoli vantaggi economici, fiscali e contributivi previsti (fino a 520 euro al mese di sgravi fiscali per ogni detenuto assunto, ndr) – aggiunge Emanuele Mancini, magistrato della sezione penale di Monza, membro del gruppo di lavoro – l’obiettivo è limare questa diffidenza e creare un rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente detenuto, in modo tale che il detenuto che ha concluso la pena riesca a reinserirsi, con un vantaggio per tutta la comunità con l’abbattimento del rischio di recidiva»