«Riprendevano la scena con il telefonino ma nessuno mi ha aiutato»: Kashif Ali, 25 anni, pakistano racconta così il suo tentativo di salvare Jospin Agossou il 14enne originario del Benin annegato a Ferragosto nel lago di Como (LEGGI QUI). Con i genitori e i quattro fratelli abitava da una quindicina d’anni in un appartamento di via Salvo D’Acquisto a Baruccana di Seveso.
Dice di essere stato il solo a tuffarsi alla vista del ragazzino che annaspava chiedendo aiuto accanto ad un piccolo pontile. Kashif è un “richiedente asilo” e con altri connazionali è ospite di un istituto di suore: «La morte così vicina non l’avevo mai vista» racconta.
«Erano in due – ricorda – Jospin e un suo amico». Dice che a suo parere, nonostante quanto detto da chi conosceva la vittima, il ragazzo non sapesse nuotare: «appena si è gettato in acqua ha iniziato ad andare giù e a gridare». A quel punto il profugo si è tolto le scarpe e si è buttato: «Ho tentato di raggiungerlo ma è scomparso in un attimo. Il lago, in quel punto, è scuro e profondo. Non riuscivo neppure a vedermi i piedi, le mani. Allora sono tornato in superficie e ho chiesto aiuto verso la riva».
Ma nessuno si è tuffato: qualcuno ha chiamato il 112. I soccorsi sono arrivati otto minuti dopo, intanto un vigile del fuoco si è buttato in acqua e il ragazzo è stato riportato in superficie. Nel da Malpensa era decollato un elicottero per trasportare i sommozzatori. Quando sono arrivati Jospin era già a terra. i sanitari hanno provato a rianimarlo per mezz’ora almeno ma i 20/25 minuti a sette metri di profondità sono stati troppi. A quel punto è stato trasferito all’ospedale Sacco di Milano, dove è stato definitivamente certificato il decesso.