Conosci almeno 5 social differenti? Sai cos’è una challenge? Se sei il genitore di un minore tra gli 8 e i 13 anni converrà impararlo perché tuo figlio certamente lo sa. E non è al sicuro. Lorenza Magni, responsabile del progetto anti-bullismo realizzato nelle scuole di Villasanta dalla Croce Rossa locale, ha parlato francamente a mamme e papà intervenuti qualche giorno fa per ascoltare il report.
«Io sono preoccupata», ha detto aprendo una finestra sul modo cyber dei giovani. Dalla sua relazione si è scoperto che i ragazzi delle medie di Villasanta conoscono e spesso usano una quindicina di social diversi. Controllare il profilo Facebook non basta, perché ora, per esempio, va più di moda Snapchat.
«Qui è possibile scambiarsi foto e video imponendo anche pochi secondi di vita al post – ha spiegato l’esperta, appassionata di videogiochi oltre che psicologa – quindi succede che i ragazzi, sentendosi più tranquilli, si scambino le loro prime foto hard o anche solo ammiccanti».
Se il destinatario fa in tempo a fotografare lo schermo dispone di una foto che può diffondere con commenti di derisione. E il cyber-bullismo è servito.
Poi ci sono le Challenge, ovvero i video su Youtube con le «cose da fare» e da filmare. «Se la cosa da fare però è darsi fuoco a bordo piscina e buttarsi in acqua prima di bruciare, capirete che la faccenda può diventare pericolosa», ha detto Magni a una platea di genitori inorriditi. L’approfondita lezione di moderne tecnologie è proseguita per tutta la serata con preziosi aiuti per mamme e papà, purtroppo intervenuti in numero esiguo.
In tutti i casi, ha detto la psicologa, la chiave è il controllo e la presenza dei genitori. Un ragazzino non dovrebbe disporre liberamente di un cellulare con la connessione, né di Youtube né dei social peraltro in parte vietati sotto i 13 anni. Né tanto meno di videogiochi con Pegi (indice di adeguatezza alla giovane età) troppo alti: «Guardate bene i simboli dei videogiochi – ha raccomandato Magni- perché vi indicano la presenza di scene di sesso, violenza, droga, discriminazione razziale e sessuale».
Il bilancio sul progetto che ha impegnato i ragazzi di prima media nei mesi scorsi non ha evidenziato situazioni eccezionali, ma ha confermato la tendenza, ovvero il rischio che social e moderne tecnologie compromettano l’assunzione di responsabilità nei ragazzi, l’esposizione ai malintenzionati, la violazione della privacy.
«È successo per esempio che una foto scattata a una professoressa in classe sia stata pubblicata e commentata – ha raccontato la psicologa – uno scherzetto simile di recente è stato punito a Monza con una multa da 30mila euro per i genitori».