Il 25 aprile 2015 apre un caso in Brianza: è giusto ricordare i morti fascisti? Tutto nasce da un servizio riportato sabato sull’edizione Brianza Sud del Cittadino, e relativo al comune di Lissone. La politica tinge lo sfondo e allo stesso tempo emerge con forza nel primo piano di uno scontro storiografico e culturale anzitutto in seno all’Anpi, e quindi all’interno di un’amministrazione comunale di centrosinistra, fino a interessare partiti, liste civiche, semplici cittadini.
Tutto nasce da un comunicato stampa col quale il comune lissonese ricordava, nel contesto di una mostra documentaria realizzata in collaborazione con la sezione “Emilio Diligenti” dell’Anpi in memoria dei martiri della libertà e della democrazia lissonesi, anche chi stava «dall’altra parte», ovvero i 7 fascisti – o presunti tali – uccisi sommariamente a Lissone nei giorni successivi al 25 aprile 1945.
Da qui la polemica che apre riflessioni che da Lissone non possono non investire tutta la Brianza, riproponendo un interrogativo che, a 70 anni di distanza dal 25 aprile 1945, tocca tutte le amministrazioni comunali che si apprestano a celebrare la ricorrenza: è giusto o sbagliato, senza confondere le acque sul piano della storia, dei torti e delle ragioni, riconoscere l’umana pietà anche per chi « stava dall’altra parte», e allargare il ricordo alle famiglie delle vittime anche di parte “nera”?
In un sondaggio lanciato dal Cittadinomb.it, dopo un vantaggo iniziale dei sì e un breve testa a testa, alla sera di mercoledì l’82% di chi ha partecipato ha risposto “no” alla domanda “l’Anpi di Lissone ricorda anche i fascisti: siete d’accordo? “. Vota qui.
Il presidente dell’Anpi di Lissone, Renato Pellizzoni, precisa in una lettera al Cittadino di aver fornito «su richiesta dell’assessore comunale Roberto Beretta allo stesso alcune schede relative ad altri protagonisti delle vicende della seconda guerra mondiale (fra di esse, una comprende i nomi dei fascisti che, a Lissone, nei giorni successivi al 25 aprile 1945 furono sommariamente giustiziati)» ma che «in nessun modo l’Anpi ha avallato una forma di parificazione tra i partigiani e i fascisti, che, invece, sembra chiaramente trasparire dalle parole dell’assessore Beretta e, purtroppo, anche dall’editoriale del direttore del Cittadino, Martino Cervo».
Rimarcando che «la pietà per i morti, per tutti i morti, non ha niente a che vedere col giudizio storico sulle scelte che fecero i vivi. I partigiani erano dalla parte della ragione, i fascisti dalla parte del torto». Posizione sostenuta con forza da Sel e Pd Lissone che prendono le distanze dall’azione «personale» intrapresa dall’assessore Roberto Beretta, colui che materialmente ha prodotto il comunicato stampa che spiega il senso delle celebrazioni lissonesi, e che ribadisce la sua posizione.
«Le parole del comunicato stampa sono chiare: non è possibile nessun fraintendimento. Abbiamo messo le mani su un clima di cultura storica tutt’ora molto controverso, non c’è da spaventarsi se emergono polemiche, ribadisco l’intenzione di riconoscere unicamente un’umana pietà, una riconciliazione vera alla fine non si fa se non si riconosce il dolore di tutti. Il giudizio sulla causa per cui le vittime sono morte è ovviamente diverso, ma non vogliamo rinnegare l’umanità nel riconoscere che anche colui che sbaglia ha pagato con la vita e c’è uno strascico di dolore che ha bisogno di essere sanato ».
L’attesa per il 25 aprile a Lissone è scandita dunque da polemiche velenose. La sezione Brianza del Partito comunista dei lavoratori chiede di sospendere le celebrazioni organizzate in Lissone con il Comune.
La conclusione è del sindaco Concetta Monguzzi, che ha spiegato: «L’umana pietà non si nega a nessuno, ma non vuol dire accomunare i morti, perché i motivi e le cause sono diversi. Come sindaco sto dalla parte dei partigiani, ma per correttezza storica si devono citare tutti gli episodi, la storia va ricostruita tutta».