Si sono dati appuntamento a Monza sabato 18 luglio, in piazza duomo alle 9.45, i membri della Guardia d’onore alle tombe del Pantheon, per commemorare il 115esimo anniversario dall’uccisione del re Umberto I. Un anticipo rispetto alla data storica (il regicidio fu compiuto il 29 luglio del 1900), dovuto al fatto che quest’anno il giorno esatto della ricorrenza non capita di sabato e dunque si è deciso di anticipare per facilitare la partecipazione.
Il programma prevede il ritrovo nella piazza della basilica da dove poi, alle 10, partirà il corteo ufficiale accompagnato dalla banda musicale. Una prima tappa sarà la deposizione di una corona d’alloro al monumento dedicato a Vittorio Emanuele II, padre di Umberto I, che si trova in piazza Citterio. Il corteo si sposterà poi verso la cappella espiatoria, costruita dai monzesi proprio a ricordo dell’assassinio del re. Alle 11.30, nella chiesa del Carmelo in viale Cesare Battisti, sarà celebrata una messa a suffragio del sovrano. La giornata della delegazione, che sarà guidata dal presidente nazionale della Guardia d’onore Ugo D’Atri, proseguirà poi con un pranzo alle Cucine di Villa reale. Per la commemorazione di Umberto I sono attese a Monza circa duecento guardie d’onore.
«Ritengo che rendere omaggio all’unico capo di Stato assassinato per mano anarchica, nella storia dell’Italia unita, si un dovere istituzionale. È un omaggio a chi ci ha permesso di poter vivere nel Pese che abitiamo, ma non chiamateci monarchici». Alberto Di Maria è ispettore nazionale per il cerimoniale delle Guardie d’onore alle reali tombe del Pantheon, ha ventinove anni, di Magenta, un impiego in un ufficio di consulenza e una passione perla storia d’Italia, con una particolare predilezione per la casa Savoia.
«Non siamo monarchici – ribadisce – sfiliamo anche noi con gli altri corpi d’armata il 2 giugno durante la parata e rispettiamo pienamente gli ideali repubblicani. Personalmente però – aggiunge – ritengo che sarebbe più bello per il nostro Pese vivere in una monarchia costituzionale. Del resto in quei paesi europei dove è ancora viva la monarchia, dall’Inghilterra alla Danimarca alla Spagna, si vive meglio».
Anche Alberto Di Maria sarà presente a Monza il 18 luglio, alla cerimonia di commemorazione dell’assassinio di re Umberto I. Un impegno, quello di guardia d’onore, che non si limita alla sola partecipazione all’evento monzese. Almeno un paio di volte all’anno va a Roma, per prestare servizio al Pantheon, dove risposano le spoglie dei sovrani sabaudi. Il corpo delle Guardie d’onore, infatti, è nato nel 1878 proprio con questo compito: vegliare la salma di Vittorio Emanuele II. «Allora erano reduci dalle guerre che si resero disponibili per compiere questo servizio, oggi siamo giovani e adulti, provenienti da tutta Italia».
Per poter accedere alla Guardia d’onore basta un curriculum. Così ha fatto Alberto Di Maria, che indossa la divisa da dieci anni: abito scuro, cravatta, fascia al braccio e, di inverno, il mantello. «Quando sono a Roma per prestare servizio dedico almeno un paio di giorni al picchetto dal Pantheon, con turni di due ore al mattino e due ore pomeriggio – aggiunge -. Lo sento davvero come un dovere istituzionale, per omaggiare un’istituzione che ha governato nel nostro Paese per ottantacinque anni».
E delle sorti dell’Italia di oggi parla con gli eredi di quei sovrani che veglia quando è di servizio a Roma. «Conosco personalmente il principe Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto – dice – e quando li incontro mi chiedono sempre dei fatti italiani». E qual è l’etichetta da seguire in presenza di un principe, per quanto non più in carica? «A Vittorio Emanuele mi rivolgo con il titolo di sua altezza reale, mi viene naturale. Ho seguito anche un corso di protocollo internazionale che mi ha insegnato a relazionarmi correttamente con i membri delle famiglie reali».
Il ritorno a Monza, il prossimo sabato, sarà per Alberto Di Maria l’occasione per rivedere la Villa reale. «Bellissima, l’ho già visitata dopo il restauro e sono felice che un simile inestimabile gioiello sia di nuovo accessibile al pubblico. Anche in Spagna e in Inghilterra le residenze reali sono visitabili, e credo che questo sia il modo migliore per insegnare la storia di un Paese».