“Diverso da chi?”: la mia vita con la Francesina è una questione di Principio

Si intitola “Diverso da chi?” ed è la rubrica che Nicolò Cafagna tiene, a cadenza variabile, sulle pagine del Cittadino di Monza e Brianza. Con franchezza e (molta) ironia racconta la sua vita con disabilità. Ecco la prima puntata.
“Diverso da chi?”: la mia vita con la Francesina è una questione di Principio

La prima cosa che ho fatto quando sono nato, in una piovosa giornata di giugno, è stato defecare sui piedi dell’ostetrica: è stato solamente un modo per protestare, stavo così bene dov’ero, «perché mi avete fatto uscire?».

La mia protesta però era motivata dal fatto che già sapevo quello che mi aspettava: la convivenza “involontariamente voluta” con la distrofia muscolare di Duchenne, simpatica malattia – per comodità la chiameremo la “Francesina” – che porta piccole conseguenze, come non poter camminare, non potersi muovere e, ciliegina sulla torta, avere qualche problema respiratorio. In pratica non funzionò, ma non del tutto, perché cervello e gioielli di famiglia – non essendo muscoli, ma non tutti lo sanno – non sono stati invitati al “party” della Francesina. Ora però è necessario fare un “passo” indietro, poiché devo spiegarvi del perché “involontariamente voluta?”: ebbene è giunto il momento di rivelare al mondo, che da oggi cambierà la sua concezione della vita, quello che succede prima della nascita, di come contribuiamo al nostro destino e di come – da embrione – sapevo già della Francesina.

Questa spiegazione, però, screditerà quella del tutto inattendibile formulata dalla scienza, secondo cui la distrofia è causata dall’alterazione del gene codificante per la distrofina (non so voi, ma per me sono solo parole in libertà); oppure quella propinata dai buddisti – benché più attendibile -, secondo cui la mia condizione è dovuta a quello che ero nella vita precedente (e già mi immagino di che bella personcina si trattava!). Ma torniamo a noi: se, come inconfutabilmente provato, ad accogliere coloro i quali raggiungono miglior vita (che poi non sono molto sicuro sia migliore) in Paradiso trovano San Pietro e all’Inferno trovano Lucifero, chi troviamo prima di nascere? Beh, è semplice e banale: San Principio, ovviamente!

E come si occupa di noi? Prima di tutto i nascituri vengono suddivisi in diversi gruppi composti da circa 20 feti, riuniti in una stanza, dove il Santo di cui sopra distribuisce a chi alza la mano per primo o grida “io” l’intelligenza, la bellezza, la simpatia eccetera, ma anche la stupidità, l’antipatia e così via. Ogni feto ha il suo numero – se non ricordo male il mio era 666 -, si fa l’appello e si aprono le danze: nella stanza entra San Principio, che dopo il saluto di rito e il solito noioso discorso, parte nella distribuzione. Si comincia con l’intelligenza e a quel punto balzo in piedi, alzo la mano e grido «io». Così, e con una certa facilità, mi aggiudicai l’intelligenza. Dopodiché fu il turno della simpatia: balzo in piedi, alzo la mano e grido «io», e anche questa fu mia! Poi toccò alla bontà: solita procedura, ormai collaudata, e mi aggiudico anche quella. Poi riuscì a conquistare anche il pisello grosso. Dopo questo, ero più che esaltato: tutto liscio come l’olio e la mia futura vita prometteva fuochi d’artificio. Allora cominciai a tirarmela, a fare il superiore: iniziai a fare baccano (pernacchie e altri gesti irripetibili), a battere i piedi e non ascoltai più, tanto distribuiva solo cose positive. Guardo i miei compagni e sorrido beffardo, e a bassa voce sussurro: «Siete proprio dei dilettanti!». Nel frattempo sento parlare San Principio, ovviamente senza più ascoltarlo, e metto in atto la solita procedura e faccio mio qualcosa, senza sapere cosa. Mi sentivo un gradino (ora direi rampa) sopra gli altri e ho continuato a prenderli in giro, mentre sento che il Santo parla di una malattia che…

A quel punto chiedo al vicino perché parla di questa malattia da sfigati e lui con un sorriso a due gengive (i denti mancavano), si gira e mi dice: «Sembra che il Maradona della compagnia abbia conquistato la malattia in questione». E io a voce strozzata e sommessa, dico: «Ah, davvero?». E tutti divertiti, anche quel diavolo di un Santo, saltano in piedi – scimmiottandomi -, alzano la mano e gridano: «Sì». Proprio in quel momento persi la voglia di ridere e mi feci mogio mogio, ma poi ecco uno lampo di genio: «Come può una persona intelligente commettere questo errore?». Da qui l’idea di fare ricorso, perché era evidente la fregatura. Così mi alzai, mi avvicinai a San Principio e gli chiesi qual era la procedura per il ricorso. Lui : «Non sei ancora in Italia qui. Che credi? Ma cammina». E io, che tuttavia mi ero aggiudicato la simpatia, rispondo: «Sì, ma non per molto!». E fu così che da quel giorno iniziò la mia convivenza con la Francesina. Perché di convivenza si parla, in quanto preferiamo non sposarci (tanto il buon Francesco direbbe: «Ma chi sono io per giudicare?»).
E poi, ma che resti tra noi, intendo cornificarla quanto prima con una cura. Nel frattempo, grazie alla conquista dell’ironia, mi prendo almeno gioco di lei.