Solo il governo rimane fermamente convinto che tutti i lavoratori delle province che a fine mese saranno dichiarati in esubero troveranno un posto in altri uffici pubblici. A meno di venti giorni dalla scadenza del 31 marzo entro cui i presidenti degli enti intermedi dovranno compilare le liste dei dipendenti da tagliare, il caos aumenta anche perché non c’è traccia del decreto per la regolamentazione della mobilità che Matteo Renzi avrebbe dovuto firmare entro il 28 febbraio. A questo punto pare normale che nessun amministratore abbia nemmeno abbozzato gli elenchi mentre i sindacati rilanciano l’allarme.
Gigi Ponti (a sinistra nella foto, con Roberto Scanagatti) chiederà aiuto ai sindaci per tentare di ridurre al minimo gli esuberi tra i dipendenti. Il presidente della Provincia non si sbilancia su quello che avverrà nei prossimi giorni e lancia una sorta di appello agli amministratori locali: «Confido – afferma – nella collaborazione dei nostri comuni per individuare i percorsi più idonei per ricollocare le unità in soprannumero». Quanti sono i lavoratori a rischio non lo dice: «La direzione generale – aggiunge – sta terminando in questi giorni la ricognizione di quanti potranno andare in pensione: il lavoro svolto ha avuto come obiettivo prioritario quello di tutelare le persone e le professionalità presenti nell’ente».
Più di un addetto provinciale in effetti potrebbe entrare negli organici dei municipi brianzoli, come conferma il sindaco di Monza Roberto Scanagatti: «Per i prossimi due anni – spiega il primo cittadino che al momento è anche presidente dei sindaci della Lombardia per Anci– dovremo rispettare il blocco delle assunzioni e potremo assorbire solo i dipendenti soprannumerari delle province». Qualche altra possibilità potrebbe, inoltre, arrivare da altri uffici pubblici attivi sul territorio e perfino dal Pirellone.
La regione, in realtà, ribadisce che le proprie porte rimarranno chiuse: «La regione – ha spiegato venerdì scorso al Manzoni Roberto Maroni – ha 3.000 dipendenti mentre la Sicilia ne ha 30.000. In Lombardia potrebbero esserci 2.800 esuberi: è impensabile che possa assumerli io dato che dovrei raddoppiare l’organico. La legge Delrio ha abolito le province nella maniera peggiore, ovvero tagliando i fondi – ha concluso il governatore – In questo modo, però, gli enti andranno in default».
Al termine dei due anni di mobilità, denunciano i rappresentanti nazionali di Cgil e Cisl, in migliaia rischieranno di scoprirsi esodati. I comuni, che devono rispettare i vincoli alle assunzioni, potranno assorbirne qualche centinaio mentre le regioni non potranno fare molto di più. Negli ospedali mancano gli infermieri che, però, non possono essere certo reclutati tra gli addetti delle province. Tribunali e uffici giudiziari potranno ampliare gli organici ma difficilmente negli enti intermedi si individueranno impiegati e funzionari in grado di riconvertirsi da un giorno all’altro come cancellieri tanto che recentemente il ministero ha pubblicato un apposito concorso. La preoccupazione di chi rischia il posto è accresciuta dal fatto che l’agenzia nazionale per l’occupazione che, secondo i dirigenti dei ministeri potrebbe impiegare 7.500 persone, non è ancora stata istituita.
In questa situazione, che tra pochi mesi potrebbe degenerare in un dramma, ogni presidente si muove a tentoni. In Brianza a metà febbraio è stata avviata la rilevazione per tentare di capire quanti dipendenti potrebbero andare in pensione immediatamente e quanti hanno i requisiti richiesti prima dell’approvazione della riforma Fornero. Nei prossimi giorni i sindacati chiederanno un incontro a Gigi Ponti per cercare di definire il percorso da seguire e condividere i criteri da utilizzare nella compilazione delle liste nere: nessuno, però, si azzarda a ipotizzare i numeri dei possibili esuberi che dovrebbero essere alcune decine. Il taglio del 50%, ricordano amministratori e sindacalisti, sarà effettuato non sull’organico ma sulla spesa pagata nel 2014 per gli stipendi e la riduzione dei dirigenti decisa in via Grossi dovrebbe contribuire a salvare qualche posto. Dalle casse praticamente vuote i funzionari brianzoli dovranno pescare poco più di 20.000 euro per pagare i compensi arretrati a un ex collaboratore che ha lavorato in via Grossi nel 2012 e come risarcimento a un ex dirigente a cui nel 2013 è stato rescisso il contratto con alcuni mesi di anticipo rispetto alla scadenza concordata.