La questione, dal punto di vista giuridico, ruota attorno a quelle due parole: “povero handicappato”, anche se l’autore del cartello della vergogna di Carugate ha pure sbagliato, inserendo una ‘c’ in più, facendo sfoggio di ignoranza, oltre che di inciviltà. Dopo gli accertamenti dei poliziotti della Questura di Milano, la procura di Monza apre il fascicolo d’indagine sulla vicenda del cartello diffamatorio rivolto ad un non meglio precisato “handiccappato” (appunto) che, secondo l’autore, avrebbe fatto in modo di fargli prendere una multa (circostanza peraltro smentita dalla polizia locale).
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Un fatto che ha destato scalpore e indignazione in tutto il Paese. I punti fermi sono che il responsabile è stato identificato. Si tratta, secondo quanto emerso, di un quarantenne della zona, laureato, nonostante gli strafalcioni, la cui identità non viene resa nota, sia perchè incensurato, sia per non esporlo al rischio di eventuali ritorsioni.
L’uomo, ripreso dalle telecamere del centro commerciale Carosello, dove è avvenuto il fatto, sabato 19 agosto ha appeso nei parcheggi una scritta ignobile contro le persone disabili. Il testo, ormai, è diventato, tristemente famoso: “A te handiccappato che ieri hai chiamato i vigili per non fare due metri in più vorrei dirti questo: a me 60 euro non cambiano nulla ma tu rimani sempre un povero handiccappato…sono contento che ti sia capitate questa disgrazia”.
Il tutto stampato a computer in stampatello, a due colori, nero e rosso. Segno che non è stato un gesto commesso di impulso, ma al contrario meditato e preparato a mente fredda. Perché la vicenda avesse un seguito, è stato necessario l’intervento della Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) che presentasse una querela per diffamazione aggravata, reato ipotizzato dai magistrati di piazza Garibaldi. Il posteggio non era riservato a qualcuno in particolare, ma era uno dei tanti di un supermercato.
Quindi per configurare il reato (procedibile solo a querela) c’è bisogno di una parte offesa. In particolare, secondo la linea sostenuta dalla procura, il contenuto lesivo starebbe proprio in quelle due parole, “povero handiccappato”, ritenute diffamatorie nei confronti di una intera categoria di persone. Tutto il resto rappresenta certo un esempio di inciviltà e maleducazione, ma non un reato. Sul caso, ora, procede il sostituto procuratore Vincenzo Fiorillo, che potrebbe disporre la citazione diretta a giudizio del responsabile che rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni, o una multa non inferiore a 516 euro