Ha ottenuto poca cosa, un risarcimento di 1.568 euro, 7,91 euro al giorno, dal ministero della Giustizia, perché per 198 giorni è stato detenuto in una cella del carcere di San Vittore “con trattamento inumano e degradante”.
Lo ha stabilito la decima sezione civile del Tribunale di Milano accogliendo in parte il ricorso presentato dall’uomo – che si è appellato all’articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dell’uomo e delle libertà fondamentali – detenuto in una cella sovraffollata, con “spazio pro capite inferiore al limite minimo di 3 metri quadrati”.
È stato in cella dal 29 gennaio 2009 al 14 marzo 2010 prima a San Vittore, poi a Opera e di Bollate, a suo dire sempre in condizioni di detenzione “degradanti”. I giudici hanno appurato che ciò è avvenuto solo a San Vittore dove è stato rinchiuso per circa sei mesi e mezzo. In particolare, nel suo ricorso, ha riferito di essere stato “ristretto in celle di dimensioni ridottissime, sempre in regime di condivisione con altri soggetti, il cui spazio disponibile era limitato ulteriormente dalla presenza di mobili ed arredi, oltre che scarsamente illuminate e riscaldate”.
In più, si legge sempre del provvedimento del giudice civile, tali “celle erano dotate di un piccolo bagno, privo di acqua calda ed assolutamente non igienico”.
Una sentenza che ha aperto un fronte rispetto alle condizioni delle 18 case circondariali lombarde, in relazione soprattutto al sovraffolamento. In complesso le strutture della regione potrebbero ospitare 6.132 detenuti, invece a fine gennaio erano 7.826, quasi 1.700 in più, il 27%, circa 5 volte peggio della media nazionale di sovraffollamento (5%).
Ma, a dispetto di chi pensa che un carcere come San Vittore occuperà sicuramente il primo posto nella non edificante classifica, si deve ricredere.
Nel distretto milanese, la cima della classifica è appannaggio del carcere comasco Bassone: dovrebbe ospitare al massimo 221 detenuti e invece a fine dicembre ce n’erano 404, quasi l’83% in più della capienza regolamentare.
E Monza? Non se la passa bene: secondo i dati ufficiali del ministero della Giustizia, si piazza al terzo posto dopo Como e Vigevano (+ 66% con 397 detenuti per 239 posti). In via Sanquirico si tocca il +50% con 604 detenuti a fronte di 403 posti disponibili.
A seguire Lodi e Busto Arsizio con il + 44%, Opera con il + 41% e un quasi dignitoso +16% di San Vittore (873 detenuti per 750 posti), + 8% di Voghera, + 4% di Pavia. Record positivo invece per Bollate che al 31 dicembre segnava un – 12% con 1.096 posti occupati sui 1.242 disponibili.
I numeri sono emersi durante l’apertura dell’anno giudiziario, a Milano. Proprio nel distretto di milanese la situazione, come detto dal presidente vicaria della corte d’appello Marta Malacarne è ancora critica.
Al di fuori del distretto, tuttavia, non va certo meglio: il carcere di Bergamo conta 536 detenuti su 330 posti (+62% di sovraffollamento) mentre i due penitenziari di Brescia si attestano sul +60%.
Malacarne ha invece fatto un plauso alle cosiddette “celle aperte”, una novità che ha portato più umanità negli istituti penitenziari dove è stato ampliato il numero di sezioni caratterizzate dal “patto trattamentale” con i soli detenuti definitivi.
Si tratta di una sorta di patto: i detenuti si impegnano a comportarsi in maniera corretta e partecipativa e di contro sono autorizzati a permanere all’esterno della cella di appartenenza.