Il tallio è un veleno spietato. Ma i piccioni, secondo il direttore del Centro Antiveleni della Maugeri di Pavia Carlo Locatelli, non c’entrano. È stato l’esperto tossicologo a individuare la sostanza nelle due vittime morte all’ospedale di Desio. Resta fitto il mistero sulla morte di Patrizia Del Zotto, 62 anni, di Nova Milanese, e del padre Gian Battista, 94 anni, deceduti a poche ore di distanza, tra domenica e lunedì, all’ospedale di Desio, per avvelenamento.
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«Da molte parti – spiega – si è insistito sulle deiezioni dei piccioni, come fonte di intossicazione. Ma è un’interpretazione del tutto fantasiosa. Non conosco lavori scientifici che lo riportino. Probabile che, in passato, sia stato usato per avvelenare i piccioni. Il tallio era infatti in commercio prevalentemente come topicida ma oggi è proibito e non più disponibile, a meno che qualcuno abbia conservato per decine di anni vecchi prodotti in cantina. Era presente anche in alcune creme depilatorie ma, anche questo caso, proibite e non più disponibili da decine di anni».
Esclusa, secondo l’esperto, l’ipotesi dell’avvelenamento dovuto a una eccessiva esposizione agli escrementi di piccioni, resta quella dell’intossicazione alimentare. «I casi, sempre rari, che abbiamo avuto negli ultimi 20-30 anni sono risultati tutti correlati a ingestione, accidentale o non accidentale, di sali di tallio finiti in qualche modo in alimenti o bevande».
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Altri due casi per avvelenamento da tallio si sono verificati negli ultimi vent’anni in provincia di Udine, a pochi chilometri da Varmo, dove si trova la casa di vacanze di Giovanni Battista e Patrizia Del Zotto, padre e figlia deceduti nei giorni scorsi a Desio. Nel 2000 vittima di un avvelenamento da tallio era stato un turista austriaco, di 75 anni, deceduto all’ospedale di Latisana (Udine) dopo aver bevuto birra avvelenata dal medesimo metallo pesante, mentre era in vacanza a Lignano. La Procura di Udine non fu in grado di ricostruire in che modo la birra bevuta dal pensionato fosse stata avvelenata.
L’anno precedente si era verificato un altro caso,quello di un architetto americano di 33 anni, deceduto all’ospedale di Udine, dopo aver bevuto una birra avvelenata da solfato di tallio in casa della suocera, a Camino al Tagliamento (Udine). L’inchiesta era stata archiviata senza alcun iscritto nel registro degli indagati, ripiegando sull’ipotesi di un’eventuale azione di sabotaggio alimentare. La Procura di Monza ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e lesioni colpose.