Un chirurgo plastico e un dipendente di una ditta di autodemolizioni con sede a Desio sono stati prelevati martedì all’alba dalla Polizia di Stato di Milano in quanto colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal gip del Tribunale di Milano – perché accusati di associazione mafiosa. Secondo le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile di Milano negli anni 2013 e 2014 e coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, i due apparterrebbero alla “locale” di ‘ndrangheta di Desio.
Il primo, Arturo S., 42 anni, incensurato, il medico, avrebbe consentito ai membri del clan e parenti l’accesso all’ospedale milanese Niguarda (all’oscuro di tutto) per visite ed operazioni senza appuntamento. L’altro, Ignazio M., 40 anni, l’autodemolitore, già coinvolto nell’inchiesta Infinito, avrebbe fornito armi e fatto da ponte tra i clan calabresi e Cosa Nostra. Entrambi sono accusati di 416-bis. Secondo le accuse, sarebbero affiliati al clan Iamonte Moscato della locale di Desio.
I due avrebbero riscosso crediti per conto di alcuni sodali detenuti, provvedendo inoltre al loro sostentamento. A Ignazio M. sono state sequestrate armi verosimilmente al servizio del clan, una Mauser, arma da guerra, e una Beretta clandestina, quest’ultima custodita da un dipendente della ditta di autorimessa per la quale lavorava. Un capannone videosorvegliato dove, secondo gli investigatori, sarebbero avvenuti gli incontri tra affiliati.
Ignazio M., siciliano di origine, inoltre, sarebbe stato autorizzato dal clan a risolvere i contrasti tra gli affiliati di ’ndrangheta calabrese e Cosa Nostra. Secondo quanto emerso dalle indagini sarebbe stato in contatto con varie famiglie mafiose siciliane e con Giuseppe Pensabene, il”banchiere della ’ndrangheta” arrestato nell’ambito dell’operazione Tibet, presunto capo della locale di Desio.
(articolo modificato alle 13.00 del 26 gennaio 2016)